(foto: Roberto Zecchillo)

Tra le auto d’epoca, con Breitling, alla 10° edizione del Trofeo Milano

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Varco i cancelli del Galoppatoio di San Siro un sabato mattina di inizio autunno, il sole è inaspettatamente tiepido, il cielo sereno, l’aria pizzica come in primavera, o forse così la sento solo io. Mi guardo attorno incuriosita, innanzitutto, dalla bella struttura anni ’20, ormai purtroppo in disuso, la decadenza per fortuna non le ha ancora tolto la patina di fascino probabilmente indissolubilmente legata all’azzardo, poi l’occhio cade sulla folla colorata di macchine d’epoca e persone.

Macchine e persone sono quasi sempre abbinate, non raggiungono i picchi che ho avuto modo di osservare al Goodwood Revival, ma certo anche qui l’impegno non è mancato. Una festa di gerarchi fascisti, signore con cappellini anni ’30, uniformi, baffi e poi pompieri e carabinieri (veri!) con i mezzi e le uniformi d’epoca. Mi colpisce un dato: l’età media, non è propriamente bassa. E poi una coppia, non so che macchina abbiano, non la noto, e probabilmente neppure la riconoscerei, ciò che noto è che marito e moglie sono vestiti uguali, una divisa fatta di jeans, camicia azzurra e maglia di cotone color rosa salmone, ma come gli sarà saltato in mente di mettersi una maglia di questo colore?, mi domando, almeno finché il presidente del CMAE, Club Milanese Automotoveicoli d’Epoca, non dà il via alla 10 edizione del Trofeo Milano: 95 auto in gara più 36 moto, tutte costruite tra il 1914 e il 1973.

(foto: Roberto Zecchillo)
(foto: Roberto Zecchillo)
(foto: Roberto Zecchillo)
(foto: Roberto Zecchillo)

Poi arriva il nostro turno, usciamo dall’Ippodromo e io ci metto una settantina di chilometri a capire il meccanismo di gara, una combinazione di prove di regolarità e abilità. Non vince chi arriva prima al traguardo, ma chi compie il percorso nel tempo stabilito; ricevi penalità sia che arrivi troppo tardi sia che arrivi troppo presto. Lungo il tragitto ci sono dei controlli a timbro, per assicurarsi che i concorrenti compiano il percorso indicato sul Road Book, e prove cronometrate (la prima è nell’Ippodromo). E proprio sulle prove cronometrate ho avuto le maggiori difficoltà di comprensione: si deve percorre un tratto di strada in un tempo “imposto”, ovvero tot chilometri in tot secondi; per ogni centesimo di secondo di errore, in più o in meno, rispetto al tempo imposto, il concorrente riceve una penalità. Vince la prova chi ottiene meno penalità.
A questo devo assolutamente aggiungere che, nelle prove cronometro, si corre tra due tubi detti pressostati che registrano il tempo al passaggio dell’autovettura e, a quanto pare, c’è gente — proprietari di macchine d’epoca, appassionati o quasi professionisti — che si allena settimanalmente a correre tra due tubi nel tempo indicato.

Tutto questo e molto altro, sul mondo delle auto d’epoca, mi racconta paziente David Giudici, direttore di Ruoteclassiche, nonché proprietario della Fiat 1300 del 1962 (nella sua famiglia dal 1964) sulla quale viaggio; lo fa mentre attraversiamo la campagna lombarda.

(foto: Roberto Zecchillo)
(foto: Roberto Zecchillo)
(foto: Roberto Zecchillo)
(foto: Roberto Zecchillo)

Dal finestrino abbassato per metà sfilano Assago, Zibido San Giacomo, Noviglio, Pasturago, Bereguardo, Parasacco, Borgo San Siro, bambini in bicicletta che si bloccano stupiti al nostro passaggio, automobilisti pazienti che sopportano l’andatura della mastodontica Rolls Royce bianca, che va così piano da sembrare immobile, ma che, per qualche problema (mio) con il Road Book, proprio non riusciamo a seminare, curiosi che non sanno probabilmente di che si tratta, ma che nel dubbio ci fotografano.

È una campagna monotona quella che osservo, senza un’increspatura fino all’orizzonte ed anche oltre; il fatto che il riso sia stato già racconto non aiuta, come non aiuta neanche il cielo grigio che, per nostra fortuna, però resiste e non si apre in pioggia; i campi sono interrotti qua e là da qualche cascina, un cimitero che pare stare lì, in mezzo al nulla, un borgo in cui ci regalano formaggio e riso, qualche silo, piccioni che banchettano con i chicchi di riso sfuggiti alla raccolta, un suggestivo ponte fatto di barche galleggianti sul fiume Ticino che — vista la magra del fiume che ha abbassato di molto il livello stradale — ha messo a dura prova le macchine, costringendo i concorrenti a percorrerlo a passo d’uomo per non rischiare, all’ingresso e all’uscita, di toccare.

(foto: Roberto Zecchillo)
(foto: Roberto Zecchillo)

Un bel modo di godersi il territorio se non sei toccato dall’agonismo della gara.

Entriamo in Piazza Ducale a Vigevano da una stradina laterale, che pare quasi deserta all’ora di pranzo di un sabato in provincia, e per me è una bellissima sorpresa vedere la piazza gremita di gente e poi, alzando lo sguardo di qualche metro, la Chiesa Cattedrale di Sant’Ambrogio sulla mia destra e tutt’attorno archi, portici e affreschi.
A ragione, questa piazza è considerata una delle più belle d’Italia e mi dispiace averla trascurata fino a pochi giorni fa.
Parcheggiate le auto all’interno del castello a beneficio dei tanti curiosi, ci sediamo per un pranzo veloce ma non troppo; si riparte per Milano e il tragitto del ritorno si snoda lungo l’alzaia del Naviglio Grande. Cambio vettura, così io e i miei capelli proviamo l’ebrezza di essere scompigliati dal vento a bordo di una bellissima Land Rover J-43735 del 1967, costruita in Spagna ed unico esemplare esistente in Italia, di proprietà di Giosuè Boetto Cohen.

(foto: Roberto Zecchillo)
(foto: Roberto Zecchillo)
(foto: Roberto Zecchillo)
(foto: Roberto Zecchillo)

Arriviamo a Milano poco dopo le quattro, per i molti che brulicano lungo le strade cittadine questo è il pomeriggio di un sabato uguale a decine di altri, non per noi che viviamo l’incedibile emozione di entrare in macchina nel Castello Sforzesco, tra ali di persone che fotografano e applaudono. Dopo qualche battuta ai microfoni di Andrea e Michele di Radio Deejay, parcheggiamo poco distante da un modello in scala 1:1 dell’aereo L39 C Albatros, copia di quelli in uso alla pattuglia di piloti acrobatici del Breitling Jet Team, esposto all’interno del Castello in occasione del Trofeo, insieme alla linea di cronografi, uno dei quali, il Bentley GMT della linea Breitling for Bentley è andato in premio all’equipaggio vincente.

Breitling, forte del proprio collaudato legame con il mondo delle automobili, tanto da avere una linea dedicata alla casa automobilistica britannica Bentley: Breitling for Bentley, è infatti, per il secondo anno di seguito, il partner principale del trofeo.

(foto: Roberto Zecchillo)
(foto: Roberto Zecchillo)

A conclusione di una giornata piacevole quanto inusuale, cena e premiazione nel cortile della Rocchetta del Castello Sforzesco. Per la cronaca vincitore del 10 Trofeo Milano è l’equipaggio composto da Marco Stella e Cristina De Albertis su una Lancia Flaminia Convertibile Touring del 1964. I due oltre al cronografo Bentley GMT della linea Breitling for Bentley (che un po’ gli invidio) hanno vinto la possibilità di conservare per un anno il trofeo messo in palio dal C.M.A.E. costituito da un “fiocco” in marmo di una guglia del Duomo di Milano che, logorato dal tempo, è stato smontato dalla guglia e concesso dalla Veneranda Fabbrica del Duomo in comodato d’uso al C.M.A.E.
E questo onestamente lo invidio meno…

(foto: Roberto Zecchillo)
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