Un magazine racconta storia e design del cesso

Il gabinetto per come lo conosciamo oggi è un’invenzione piuttosto recente. Non solo la tecnologia che vi sta dietro, ma anche il fatto di “evacuare” in solitudine. Gli antichi romani andavano nelle latrine pubbliche a cacare allegramente in compagnia, seduti gli uni accanto agli altri, amabilmente chiacchierando. Nel medioevo c’erano sovrani si recavano nella stanza da bagno accompagnati da servitori e c’erano palazzi che potevano ospitare gli sforzi contemporanei di svariati ospiti, riuniti tutti nello stesso locale, e nella nella civilissima Europa, ancora nel ‘700 era comunissimo vedere gente farla per strada, nei corridoi delle case, nei camini.

Prima del water si utilizzavano i vasi da notte (che a volte venivano tenuti persino in sala da pranzo) ma in caso di urgenze dell’ultimo minuto non era certo un problema prendere il primo vaso a portata di mano, togliere i fiori, e farla lì dentro.

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Come racconta Bill Bryson nel suo divertente e interessantissimo Breve storia della vita privata (è lì che ho letto la storia del gabinetto), le cose cominciarono a cambiare nel diciannovesimo secolo, quando un curato inglese, Henry Moule, inventò la latrina a terra, una piccola sedia che aveva un serbatoio pieno di terra. Quando avevi finito e dovevi coprire le tracce, giravi una manovella e usciva una cascata di terriccio che andava a coprire il tutto (i gatti insegnano).

Fu nel 1778 che un ferramenta e inventore britannico brevettò il gabinetto a cacciata, che attraverso l’acqua faceva scorrer via le “scorie” giù per il sistema fognario. Ma il moderno water, col serbatoio, la catenella e il pozzetto che evita che dalle fogne risalgano gli odori, fu un’idea di Thomas Crapper (nomen homen: in inglese crap significa sia merda che defecare), idraulico, a metà dell’800. E da allora il mondo non fu più lo stesso — anche se c’è ancora chi non ha capito di essere nel ventunesimo secolo e scambia il water per un cestino dei rifiuti, per la gioia dei servizi di autospurgo.

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Il bagno quindi come ricettacolo non solo di germi ma anche di storie, invenzioni, usi e costumi sociali, persino design.
E la rivista inglese Dirty Furniture ha dedicato proprio alla toilet (o toilette che dir si voglia, alla francese) il suo nuovo numero, andando ad indagare amenità come la storia del pisciare, le barzellette sulla cacca, la tecnica femminile del fare la pipì in piedi, i misteri della carta igienica, il mestiere di addetto alla toilette ma focalizzando l’attenzione soprattutto sul design.

Perché Dirty Forniture è innanzitutto un magazine sul design (when design leaves the showroom, recita il sottotitolo della pubblicazione) e, come ho già spiegato tempo fa, prevede l’uscita di soli sei numeri, ciascuno focalizzato su un singolo pezzo di arredamento o luogo della casa: hanno cominciato col sofà, sono passati al tavolo, sono andati al cesso, e prossimamente si occuperanno del sgabuzzino, del telefono e del letto.

co-fondatore e direttore
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