Handkerchief #3: di omofobia e di spontaneità

Il terzo numero di questa “non rivista” che parla di omofobia è dedicato al concetto di spontaneità.

Il bello del mio lavoro—che bilancia egregiamente tutti i bassi, la fuffa, la stanchezza, le decine di persone che ogni giorno ti fanno “ciao, come stai?” sui social e sai già che in realtà vogliono qualcosa, e che il giorno in cui deciderai di mettere il cartello “chiuso” o quello “vendesi” sopra a quest’anomalia fatta di pixel chiamata Frizzifrizzi, non li vedrai né sentirai più…
Il bello, dicevo, è che di tanto in tanto capita quella cosa bellabellabella, di quelle che ti fanno allargare il cuore e ti contagiano con una carica di entusiasmo, e tu puoi dire «io c’ero, l’ho visto, in qualche modo la mia piccola-piccolissima parte in questa storia l’ho avuta».

La cosa bellabellabella in questo caso è Handkerchief, che è una rivista come non ce n’è nessun altra, anche perché in realtà non è una rivista quanto piuttosto—come spiegano gli autori sulla cover del terzo numero, sopra al nome in verde fluo distorto come gli esperimenti in xerografia di Munari o le tavole di Snake Agent di Tamburini—“la simulazione di una rivista”, diretta da un prof. che non è un editore, con una (non)redazione di 5 studenti che si riuniscono in un salotto buio, con un pubblico ma senza un target.

(tutte le foto: Frizzifrizzi)
(tutte le foto: Frizzifrizzi)

Handkerchief parla di omofobia, lo fa in uno dei paesi più omofobi della nostra vecchia Europa, è un progetto universitario nato dentro all’ISIA di Urbino grazie a un insegnante che immagino (non lo conosco) sia di quelli che varrebbe la pena clonare in almeno 1000 copie e distribuire in tutta Italia (nota per gli scienziati del futuro, recuperate il DNA del prof. Mauro V. Bubbico), è portato avanti da 5 studenti e cioè Francesco Barbaro, Giulia Cordin, Giacomo Delfini, Alessandro Piacente e Lorenzo Toso, e si avvale del supporto economico, tecnico e morale di tutta una serie di realtà e di persone che ci credono, che ne riconoscono il valore, che fanno quanto possibile per permettere a questa cosa unica chiamata Handkerchief di andare avanti, di restare gratuita, di essere interamente disponibile anche online, e nonostante questo di fare il tutto esaurito a ogni uscita.

La mia piccola-piccolissima parte nella storia è cominciata poco meno di un anno fa, quando Giulia, una dei 5 studenti mi ha contatto per raccontarmi tutto in un’intervista.

L’intervista l’hanno letta in tanti e moltissimi hanno contattato i cinque ragazzi. Qualche mese dopo, lo scorso settembre, è stata la volta del secondo numero. Altro successo, altre copie distribuite ed esaurite, altri contatti, tra cui uno da cui poi è nata una collaborazione che si è concretizzata durante la realizzazione della terza uscita.

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Eccolo qua—lo vedi nelle foto—Handkerchief #3, con un inserto illustrato che è un vademecum sui termini del mondo LGBT, troppo spesso poco o per niente conosciuti oppure usati a sproposito.
L’inserto è opera di Mariagloria Posani, autrice di una Guida illustrata alla cultura queer, che proprio qui su Frizzifrizzi ha letto per la prima volta di Handkerchief e si è interessata al progetto, visti anche i tanti punti in comune.

Essendo ogni uscita a tema (il primo numero era sull’assenza, il secondo sull’eccesso e il prossimo sarà sull’esperienza), questa ha come parola chiave la spontaineità: si parla di “fake” sul web, di teatro e di web come teatro; si fa luce sulla figura di Marina Tsvetaeva, poetessa sovietica dei primi del Novecento soprannominata “la Saffo russa”; si intervistano alcuni di coloro che hanno partecipato a Le cose cambiano, iniziativa diffusa in tutto il mondo e nata in america nel 2010 su idea dello scrittore Dan Savage, dopo il suicidio di giovani omosessuali vittime del bullismo.
E ancora: il poster illustrato da Massimiliano Vitti, la “psicodrammatica” illustrazione di quarta di copertina opera di Giovanni Murolo.

Le copie, che stavolta sono ben 500 invece delle solite 300, andranno via presto, quindi il consiglio è di contattare subito la non-redazione via facebook o via mail.

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