Buon Natale!

C’è il sole, è tiepido oggi, ne approfitto per fare un giretto con il nipotino Petoci. Iniziamo con la consueta sosta al bar della Stazione, ci sediamo, restiamo incantati a guardare i treni.
I treni sono una specie di Polaroid, che fissa istantaneamente lo stato del paese che attraversano: osservandoli si può percepire l’aria che tira. La Freccia Argento è in orario perfetto, bianca e luccicante, il solito merci arrugginito è lì che aspetta per ripartire, sull’altro binario arriva un treno pieno di pendolari.

Salta agli occhi la differenza tra il materiale rotabile utilizzato per i pendolari e i convogli della Freccia Argento. Altra cosa che si nota sono i treni merci: o trasportano materiali ferrosi di recupero che vanno alle acciaierie del Bresciano o interminabili treni pieni di container con sigle cinesi.
Portano tutto quello che non vogliamo più o che non possiamo più produrre perché costerebbe troppo! Un segno che qui l’industria dei beni di largo consumo è stata messa al tappeto.

Dopo il terzo treno di container mi alzo, prendo il bimbo per mano e ci incamminiamo verso il centro commerciale. Da lontano vedo una sagoma. È Peppa Pig, che esce dal centro commerciale, si toglie il testone, si asciuga la fronte con un asciugamano, si siede sulla panchina, si accende e aspira golosamente una sigaretta.

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Arriviamo e mio nipote, che vede suo nonno salutare e conversare animatamente con Peppa Pig, seppur mezza smontata, ha un moto di orgoglio mal trattenuto e guarda altri bambini lì intorno con aria tronfietta. Non è cosa da poco avere un nonno amico della Peppa!
Peppa Pig è il signor Gualtiero, che per oggi ha finito il suo numero. Dice che si cambia e va a casa. Mi chiede notizie del mio lavoro e alla mia risposta esce con un «bravo almeno tu sei rimasto in piedi». Tentiamo  di ricordare da quanti anni ci conosciamo, sono oltre trentacinque. Anni in cui abbiamo visto il tessile al massimo, prima nel suo massimo splendore, poi nella sua massima decadenza. 

Gualtiero aveva un’azienda che si occupava di recupero di scarti tessili. Recuperava da Marzotto e Lanerossi e poi da tutte le piccole aziende del settore. Ritirava ritagli di tessuto, scarti delle filature e delle tessiture. Dopo il ritiro li divideva, confezionava delle balle e le mandava a camionate a Prato, dove venivano avviate al riciclo: una volta smembrate, decolorate e mescolate ad altre fibre, tornavano ad essere prima rocche di filato e poi pezze di lana, cardati “da prezzo”, che mescolati fantasiosamente ad altre fibre, che facevano da armatura, hanno vestito generazioni di persone.
Attorno a queste attività era esplosa l’industria laniera di Prato, dove arrivavano gli stracci da tutto il mondo.

Tornando a Gualtiero, ricordo che passava da me e da altri laboratori di confezioni a ritirare i sacchi di ritagli per avviarli al recupero. Poi, dopo il crollo del muro di Berlino, l’apertura dei mercati dell’est insieme al minor consumo di lana, è finito il mercato del riciclo.
Il nostro amico si è trovato con una famiglia da mantenere e con una professione che, di fatto, era scomparsa. Dopo che il suo maggior cliente era fallito, aiutato dalla sua vena di ironia si è inventato questo nuovo lavoro: «figurante di strada», puntualizza.
Per le sue esibizioni d’inverno va nei centri commerciali vestito da Peppa Pig e d’estate “batte” le fiere paesane interpretando un altro personaggio: si veste e trucca da parroco di campagna, fa la statua vivente e benedice i passanti, raccoglie le offerte, e ci tiene a farmi sapere che, essendo regolarmente iscritto alla SIAE, paga un forfait sulle offerte.

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Questa e altre persone sono state “espulse” dai cambiamenti del tessile. Come la Mirella, che ho incontrato pochi giorni fa davanti alle poste con un giubbetto catarifrangente indossato sopra un abito, mentre strappava con foga con i suoi guantoni le erbe infestanti dai vasoni di legno.
Nonostante gli anni Mirella ha conservato le tracce di una sua composta eleganza. Mi ha intravisto mentre parcheggiavo e non capivo se avesse piacere a farsi vedere in questo nuovo ruolo di “lavoratrice socialmente utile”.

Se valutiamo in termini di utilità per la società, era più opportuno che continuasse a fare la “premiere”, la sartina che salendo i gradini della scala gerarchica era diventata una sorta di jolly, che assisteva e assecondava gli ultimi desideri dello stilista, lavorando al reparto campioni e poi, a volte, tutta la “notte prima degli esami”, così come la definiva il boss le sfilate. Sfilate in cui fino ad un minuto prima ti insultava poi quando tutto era pronto ti abbracciava e si scioglieva e si commuoveva come un ragazzino.

So quanto era apprezzata la Mirella, per ogni cosa trovava la sua soluzione sensata o geniale, e anche nelle situazioni difficili manteneva una calma invidiabile.
Ora è lì a strappare ortiche, anche quello è un lavoro dignitoso, ma lasciar perdere il patrimonio di conoscenze maturato nelle aziende in tanti anni è un assassinio.

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E come ci siamo arrivati? Che i pigiami e subito dopo i jeans e poi tutta la fascia del medio-basso andasse verso la delocalizzazione, passi. Ma perché anche i brand più importanti sono andati all’estero anche con le produzioni più qualificate?
Colpa della boria bocconiana dei maghi dei tabulati, direttori prezzolati pagati su obiettivi a breve, insensibili alla possibilità che i risparmi potessero sminuire il brand.

Mirella è rabbiosa e mi racconta che ai bei tempi passavano dal magazzino centrale un milione e mezzo di capi e adesso meno della metà. Si è pensato che l’etichetta avrebbe coperto tutte le magagne, ma i clienti, almeno una buona parte, non sono certo stupidi.
Nell’industria dell’auto si parla dell’affidabilità di un prodotto, nel tessile è andata completamente persa questa cultura industriale. E i risultati si vedono, non so se li vede anche il mago bocconiano dei tabulati!

Buon Natale a due persone che sono andate indietro, in un paese che non riesce a ripartire e che ciecamente ha rottamato professionalità e persone che avrebbero ancora potuto dare qualche cosa.
Buon Natale a tutti, beh a tutti tutti no, al mago dei tabulati e chi la vede come lui no: manco per il cazzo!

P.S.
La storia di Gualtiero Bassanese è raccontata in un articolo di Lorenzetto sul Giornale, quella della Mirella no: comune a molte altre, e per questo non fa notizia.

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