Viaggiare nello spazio con giocattoli in legno magnetici

«Abbiamo appena speso cinquemila miliardi di dollari in guerre inutili. Avremmo potuto usarli per la luna. O per Marte. O per lo Shuttle. O per qualcosa che ci esaltasse in qualche cazzo d’altro modo. Da quant’è che non facciamo qualcosa che riesca a esaltare qualcuno, cazzo?»
«Abbiamo eletto un presidente nero».
«Ottimo. Una bella cosa. Ma come nazione? Come pianeta, cazzo? Quand’è che abbiamo fatto qualcosa di anche lontanamente paragonabile allo Shuttle o all’Apollo?»
«La Stazione Spaziale».
«La Stazione Spaziale Internazionale? Mi pigli per il culo? Non mi è mai piaciuta quella roba. Lassù a galleggiare impotente come una specie di aquilone spaziale».I vostri padri, dove sono? E i profeti, vivono forse per sempre?, Dave Eggers, Mondadori 2015

L’ultimo romanzo dello scrittore americano Dave Eggers (l’ho finito giusto ieri sera e lo consiglio vivamente: qui trovi una bella recensione, mentre qua puoi leggerti le prime pagine), fatto solo di dialoghi, si apre col rapimento di un astronauta. Un astronauta che da ragazzo voleva partire con lo Shuttle e che però nello spazio non ci è ancora andato. E che, pure, lo Shuttle non lo prenderà mai visto che negli ultimi anni il programma spaziale americano ha rivisto drasticamente le sue priorità, accantonando l’idea di una colonia lunare e accontentandosi di “pagare ai russi un passaggio sul sedile posteriore” (per citare di nuovo il libro) per farsi portare nella ISS, in cui twittare compulsivamente come @AstroSamantha.

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Io che negli anni ’80 ero un ragazzino, lo capisco benissimo il protagonista del romanzo, Thomas (quello dei “cinquemila miliardi di dollari in guerre inutili”), che ha pressappoco la mia età.
Me la ricordo la grandeur cosmica a stelle e strisce, visto che era ovunque: in tv, tra le storie di Topolino, nelle riviste a fascicoli che compravo, da bravo secchioncello, con dentro gli schemi dei razzi, le infografiche sulle tute che usavano per le passeggiate tra le stelle e le missioni sulla luna, il poster dello Space Shuttle—e un modellino di quest’ultimo devo averlo inserito in più di una letterina a Babbo Natale.

Avessi avuto, poi, un intero set come Cosmos, sarei stato tutto il giorno a staccare e attaccar pezzi, schvvvv- e vrrrooosh-ando per la casa, usando il divano come base di lancio per andare a colonizzare la mensola del camino e mettere i satelliti in orbita attorno al lampadario del salotto.

Realizzati in legno e (s)componibili grazie agli inserti magnetici, i pezzi della serie Cosmos—tra i quali c’è anche, nostalgicamente, lo Shuttle—sono realizzati dal marchio Huzi Design, che produce giochi “vecchio stile”, oltre che accessori e mobili per bambini, e attualmente è in corso una campagna di crowdfunding per finanziare la produzione.

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co-fondatore e direttore
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