dal gruppo facebook Mangiare Anni '80

Intervista a Luigi Sartini sui totem gastronomici dagli anni ’70 a oggi: dalle scaloppine ai cuochi in tv

In una calda giornata della caldissima estate appena passata lascio Bologna in treno, poche stazioni più in là mi raggiunge Giorgio Melandri (paziente amico, degustatore, critico enogastronomico — in forza a Gambero Rosso Editore — oltre che curatore di Enologica e Vino A Memoria).
Si scende a Rimini e poi da lì in macchina con Carlo Bozzo, terzo tra cotanto senno, ci inerpichiamo sul monte Titano: San Marino, fine della corsa!

Siamo arrivati fin qui per pranzare alla tavola dello chef Luigi Sartini, da 25 anni al Ristorante Righi, in Piazza Libertà, cuore pulsante della Repubblica sammarinese.

Figlio di panettiere, nipote di ristoratore, Luigi inizia a cucinare da bambino seguendo le indicazioni della nonna. Poi dopo la scuola alberghiera e “le stagioni” in giro per la Romagna approda nelle cucine di Gino Angelini, prima, e Gualtiero Marchesi, poi.

Noi abbiamo pensato di coinvolgerlo in un gioco: vogliamo individuare i totem gastronomici delle varie decadi del secolo scorso e quelle del millennio appena iniziato.
Per parlare della cucina come si fa per la moda.


foto dalla pagina facebook Piatto 70
foto dalla pagina facebook Piatto 70

Anni ’70

Luigi Sartini
Io ho iniziato a cucinare qualche anno dopo, però se devo ricordare gli anni ’70 in cucina, l’immagine che mi torna in mente è quella del prosciutto avvolto al grissino.

Francesca Arcuri
Vero orrore, ora, ma io che sono nata nel 1974, e quindi avevo due-tre anni, all’epoca ne andavo matta.

Giorgio Melandri
Io invece direi il pomodoro ripieno di riso. Quella cucina da casalinghe, che però avevano fatto fuori tutta la tradizione.

Luigi Sartini
In quel periodo si faceva fuori tutto il vecchio. Non lo si recuperava, ristrutturava, riparava. Lo si buttava via, semplicemente. Si buttavano i vecchi mobili di legno, fatti a mano, per comprare magari le cose di fòrmica…
Solo chi è stato lungimirante ha salvato le cose, gli altri se ne sono liberati.

Giorgio Melandri
Io come te ero bambino e ai buffet non mancava mai il grissino avvolto con la fetta di prosciutto e poi il piatto che veniva bene nelle foto: i peperoni! Perché erano gialli e rossi. I peperoni ripieni con il riso o anche i pomodori ripieni con il riso.

Luigi Sartini
È vero, il riso usato così in quegli anni spopolava.

Giorgio Melandri
Le salse tonnate!

Luigi Sartini
E poi la scaloppina. Ovunque andavi c’erano scaloppine: ai funghi, al limone…

Giorgio Melandri
Al marsala!

Luigi Sartini
Sì e già negli anni ’80 non la mangiava più nessuno!

Giorgio Melandri
Poi fanno ingresso i funghi champignon nella cucina di casa.

Luigi Sartini
Ma solo nelle cucine delle “donne moderne”, perché nelle cucine popolari i piatti erano ancora 5-6, che si susseguivano in base alle stagioni. Erano legati ai prodotti che avevi a disposizione, all’economia di sussistenza, non si faceva mica la spesa tutti i giorni in cerca degli ingredienti per realizzare la ricetta!

Giorgio Melandri
Altro piatto erano le crespelle.

Luigi Sartini
Vero, facevano chic!

Giorgio Melandri
La lasagna era da cafoni, mentre la crespella era chic!

Luigi Sartini
Questo sempre perché buttava via tutto il passato, comprese le tradizioni in cucina, per “comprare” il nuovo. Crespelle comprese. Per esempio nessuno si sognava di mangiare pasta e fagioli. Erano anni in cui era meglio la minestra con il dado che la pasta con i fagioli.

Francesca Arcuri
Non lo dire a me. A casa mia succedeva il contrario. Mio padre, in giro per lavoro tutta la settimana, pretendeva di mangiare pasta e fagioli la domenica ed eravamo gli unici in quegli anni!

Giorgio Melandri
Il trionfo del cibo industriale.

Francesca Arcuri
Ma pensate solo alle foto di cibo di quegli anni. Mia madre si è sposata nel ’74 e siccome era stata sempre fuori (in collegio) a studiare e quindi non aveva imparato a cucinare, suo padre l’aveva dotata di enciclopedia della cucina.
Io ogni tanto la sfoglio e ha dei colori e degli impiattamenti veramente assurdi.

Giorgio Melandri
Il peperone era protagonista naturale dell’iconografia dei menù suggeriti da Grazia, Amica…

Luigi Sartini
Quando hai nominato il peperone a me è tornata in mente la foto dei peperoni tagliati a sezioni con all’interno la polpetta, il riso che trovavi sui giornali con la ricetta.

foto dalla pagina facebook Mangiare anni '80
foto dalla pagina facebook Mangiare anni ’80

Anni ’80

Giorgio Melandri
La rucola in primis. E poi il branzino, che con l’allevamento diventa un pesce per tutte le tavole.

Francesca Arcuri
La panna!

Giorgio Melandri
Le pennette alla vodka.

Luigi Sartini
È vero tutto quello che avete detto ma per me lo spauracchio degli anni ’80 è stato il risotto alle fragole.

Giorgio Melandri
Negli anni ’80 nella cucina d’autore entrano quelli che io chiamo “gli improbabili”.

Luigi Sartini
Paul Bocuse era partito alla fine degli anni ’60 con una cucina di mercato, una cucina di stagione, un alleggerimento delle cotture, poi è arrivato Marchesi con la nouvelle cousine.
Per fare quel tipo di cucina devi però prima conoscere bene le basi per poi poterci lavorare sopra. Il problema che poi tutti si sono sentiti autorizzati a mettere nel piatto quello che volevano. Si sono impiattate delle porcherie assolute.

Giorgio Melandri
Sì, come dicevo, “gli improbabili”.

Luigi Sartini
O “impresentabili”, come userebbe dire in questi giorni. E il risotto con le fragole ne è, per me, l’emblema.

Giorgio Melandri
Ma anche le penne alla vodka non scherzavano per nulla.

Francesca Arcuri
Anche il filetto al pepe verde per me è uno degli spauracchi gastronomici di quegli anni.

Giorgio Melandri
Anche perché secondo me, sotto tutta quella panna, il filetto in verità non c’è mai stato!

Luigi Sartini
Il filetto al pepe verde in verità fa parte di una storia classica.

Giorgio Melandri
Una storia borghese.

Luigi Sartini
Però ha una preparazione, non basta mettere in una padella un pezzo di carne, della panna, del pepe verde e del cognac, e farlo cuocere per qualche minuto.

Giorgio Melandri
Stavamo per dimenticare il cocktail di scampi.

Francesca Arcuri
Sì! Servito nella coppa con l’insalata sotto.

Luigi Sartini
Due coppe, una con il ghiaccio e una sopra con la foglia enorme di insalata.

Francesca Arcuri
Foglia di insalata che secondo me riciclavano.

Giorgio Melandri
Facciamo anche un elenco dei grandi assenti? Negli anni ’70 nella cucina spariscono completamente le frattaglie. Negli anni ’80 i formaggi.

Francesca Arcuri
Paura del colesterolo?

Giorgio Melandri
No, perché sono figli di un mondo artigiano che viene emarginato.

foto dalla pagina facebook Mangiare anni '80
foto dalla pagina facebook Mangiare anni ’80

Anni ’90

Giorgio Melandri
Arriva il tonno!

Luigi Sartini
Anche un po’ dopo. Negli anni ’90 arriva sicuramente la pulizia.

Giorgio Melandri
Infatti arriva il Giappone. Il minimalismo giapponese nella nostra cucina è un guaio vero! La tempura, la soia…

Luigi Sartini
Forse perché in quegli anni i giapponesi capiscono la grandezza della nostra cucina tradizionale e vengono qui per studiarla. E così finiscono per influenzare noi, invece che imparare.

Giorgio Melandri
Gli anni ’90 sono il trionfo di un’idea di cucina che mette l’insalata al centro del pasto. Perché secondo me, come ha detto una volta un mio amico: «le donne cominciano a pagare i conti al ristorante», e questo cambia completamente il mercato.

Francesca Arcuri
Ma non è per questo… Tanto lo sai le donne come fanno, non ordinano perché sono a dieta e poi mangiano dal tuo piatto!

Luigi Sartini
Gli anni ’90 sono gli anni della chirurgia estetica, dell’essere sempre in forma ad ogni costo, quindi ovvio che arriva l’idea del light in cucina.
Non a caso un grande chef francese come Michel Guérard si è messo a fare una cucina tre stelle Michelin dietetica. Ed era sicuramente una grandissima idea, che poi però è stata scimmiottata in malo modo un po’ ovunque, andando incontro a disastri clamorosi.
Sono anche quelli gli anni in cui i cuochi iniziano ad uscire dalla cucina. Pensate a Vissani costantemente in Tv. Marchesi ogni tanto era apparso ma in modo misurato, elegante, pacato. Vissani invece irrompe. Ci va e ci resta, in Tv. Era cuoco e show man. Lui ha giocato moltissimo sulla sua cosiddetta “volgarità”

Giorgio Melandri
Per la quale io sinceramente avevo simpatia, perché rompeva un cliché.

Francesca Arcuri
Era ruspante.

Luigi Sartini
Sì lo era come personaggio, ma sul piatto di certo non lo era. Era verace, italiano, ma nel piatto trasmetteva qualcosa di nuovo e secondo me è stato uno dei pochissimi cuochi capaci di mettere dieci ingredienti in un piatto. Perché non è cosa da tutti!

Giorgio Melandri
In quel tipo di cucina lì lui certamente è stato inimitabile, bravissimo.

Luigi Sartini
Tornando agli anni ’90: secondo me sono l’ultimo decennio in cui la tradizione italiana resta ancora all’angolo come una Cenerentola, poi inizia la riscossa.
Pensate a una cosa che ci è sfuggita: le mousse!

Giorgio Melandri
Male le mousse!

Francesca Arcuri
Io odio quelle consistenze anche in pasticceria.

Giorgio Melandri
Il grande assente è il burro.

Francesca Arcuri
Certo perché se deve essere light il burro deve sparire!

Luigi Sartini
Poi magari si ricorreva alle margarine che abbiamo scoperto dopo essere un guaio serio veramente.

Giorgio Melandri
Ultimo: i fiori edibili in cucina. L’uso di viole del pensiero lì che galleggiavano in piatti assurdi.

Alcuni degli strumenti utilizzati da Ferran Adria (dalla mostra dedicata allo chef catalano organizzata al Palau Robert, a Barcellona, nel 2012 - fonte: Wikimedia Commons)
Alcuni degli strumenti utilizzati da Ferran Adria (dalla mostra dedicata allo chef catalano organizzata al Palau Robert, a Barcellona, nel 2012 – fonte: Wikimedia Commons)

Anni ’00

Giorgio Melandri
Si consuma la tragedia dell’arrivo del sifone.

Luigi Sartini
Ferran Adrià detta legge. Lui andava benissimo, sono gli emuli improbabili il problema. Quando vai a scimmiottare ma non hai gli stessi strumenti dell’altro, il disastro è certo.
Negli anni ’90 dovevi “fare il giapponese”, nel 2000 scimmiottare gli Spagnoli a tutti i costi, ora si corre dietro agli estrattori…
Gli anni 2000 sono anni di spume e mancanza di “consistenza” sulle tavole, si potevano quasi portare via le posate perché non c’era nulla da tagliare e nulla da masticare!

Carlo Bozzo
Non dirò il nome dello chef, ma qualche anno fa ho ordinato dei rognoni e mi sono visto servire un piatto con dei rognoni sormontati da una schiumetta di mandorle… inconsistente. I rognoni sotto erano strepitosi, così ho allontanato con la forchetta la spuma e mangiato quelli.

Giorgio Melandri
C’era e c’è ancora una scuola che pensa che un rognone trifolato anche alla perfezione sia poco, perciò ci deve mettere una “genialata” come la spuma di mandorle sopra…
Il grande protagonista della cucina d’autore di quegli anni poi è il Pacojet. Anche quella un’ingenuità enorme. È l’idea di rendere seriale la cucina tradizionale.
L’idea che tu fai un fondo, lo metti nelle capsule e lo congeli. Che manco dovessi partire per la Luna con l’astronave e poi scongelare solo la parte che ti serve.

Luigi Sartini
Però se pensi a me, io ce lo ho il Pacojet in cucina, ma l’utilizzo solo per fare sorbetti, perché li monto così al momento.

Giorgio Melandri
Questo è un uso del mezzo, che se lo dovessi raccontare all’azienda produttrice, ti direbbe che hai sbagliato elettrodomestico, che devi rivolgerti a Carpigiani [ride].

Francesca Arcuri
Ne fai un uso creativo, non ortodosso. Artigianale.

Giorgio Melandri
Questa è una decade in cui la cucina d’autore prende potere.

Luigi Sartini
Il grande assente nel 2000 è ancora il territorio, a parte qualche rara eccezione, per esempio Nadia Sartini. Pare ancora da sfigati fare cucina del territorio. Sono gli anni di Cracco, degli Alaimo, di Beck. Di Pierangelini.

Giorgio Melandri
Ma lui, Pierangelini, aveva un’idea diversa di cucina.

Luigi Sartini
Ma è suo il piatto più copiato in assoluto! La passatina di ceci con i gamberi.

Giorgio Melandri
Un piatto che se ci pensi poi è la negazione di qualsiasi architettura tecnica della cucina. Che forse è la versione italiana della zuppa di gamberi di Bocuse. È lo stesso pensiero, ma all’italiana. Quindi meglio.

Luigi Sartini
Il territorio lo si recupera subito dopo. Fino al 2008, credevamo di essere dei leoni, di dover sempre e solo crescere, poi grazie a cinque banchieri in un attimo è crollato tutto, quindi in cucina, come anche in tutto il resto, siamo andati a cercare le certezze, abbiamo lasciato perdere la sperimentazione ad ogni costo.

Giorgio Melandri
Anche perché la sperimentazione era andata un po’ troppo avanti per conto suo. Pensa oltre a tutto quello che già abbiamo detto alle gelatine, agli addensanti, alla chimica… Pensate all’azoto liquido!

Luigi Sartini
Quando l’ho visto usare in pizzeria non ci volevo credere. A me i colleghi chiedevano stupiti: come fai tu che non usi il sifone, non usi l’azoto liquido?

Francesca Arcuri
[Ridendo] Un vero sfigato! Ma alla fine loro che hanno fatto? Hanno dovuto fare tutto il giro per poi tornare alla casella in cui eri tu: territorio e tradizione.

Oggi

Giorgio Melandri
Il roner che per me è proprio male male!

Francesca Arcuri
Ancora però va alla grande!

Luigi Sartini
Se posso dire la mia sull’ultima cinquina, io non la rappresento in un piatto ma nei cuochi in televisione. Non li posso proprio più vedere!

Francesca Arcuri
Sai che l’attore bolognese Alessandro Bergonzoni ha in atto una sorta di campagna Cessate il cuoco! dai programmi Tv.

Luigi Sartini
Una cosa poi quando è inflazionata è bruciata. Arriverà un momento un cui la gente non ne vorrà più sapere, non ne potrà più!

Francesca Arcuri
Io e Simone abbiamo fatto qualche giorno fa una specie di riunione editoriale. E io gli dicevo che vorrei ricominciare con una rubrica di enogastronomia… Prima avevamo le ricette di Ilva Beretta, le interviste 1 p.m. di Giulio Bagnale, e il Foodboard che mi piaceva tantissimo. Lui ha risposto che andava bene farsi venire in mente qualcosa, anche se la bolla sulla cucina — specie quando l’Expo finalmente sarà passata — scoppierà e non interesserà più così tanto.

Io invece non sono d’accordo… sparirà la fuffa, quella sì, ma la parte sostanziosa, quella che vale e vale la pena mantenere resterà, e per convincerlo gli ho fatto l’esempio di ciò che accadde negli anni ’90 con le top model.

Le modelle c’erano state prima e ci sono ancora. Solo che in quegli anni a stare al centro del palcoscenico della moda, non erano più i designer — gli stilisti si diceva allora — o i vestiti, ma le modelle. Così oggi al centro c’è lo chef e non il cibo, non la tradizione, non la filiera, non il territorio, non la storia, non il vino… Io credo che sì, ci si annoierà degli chef prezzemolini ma non di mangiare e porre attenzione al cibo.

Un messaggio

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