(fonte: https://www.flickr.com/photos/vintage_stickers/4706955075/in/photostream/)

The fabulous world of Elio: una video-monografia su Elio Fiorucci

Qualche settimana fa ho avuto il piacere di ascoltare un anziano saggio — uno che di Maestri del Novecento ha avuto l’onore di conoscerne molti — dire che le Grandi Menti, quelle che in ogni secolo ne nascono davvero poche, hanno tutte una particolarità: sanno selezionare quello che serve, cogliere l’input giusto, dalle persone, dagli oggetti, dagli scenari, dai discorsi, dai mondi, dai sogni. E sanno farlo alla velocità della luce. Per poi, altrettanto rapidissimamente, collegarle (linkarle, si direbbe oggi) tra loro e tirarne fuori qualcosa di nuovo.

Elio Fiorucci è stato indiscutibilmente una di queste Grandi Menti: ha costruito immaginari, ha giustapposto universi, ha messo in discussione settori come la moda, la grafica, la comunicazione, creando al contempo innovazioni spesso percepite da noi comuni mortali solo decenni più tardi.

Non ultimo, tra i tanti meriti, ha avuto anche quello, purtroppo postumo, di tirar fuori persino dai social (in cui nei R.I.P. di turno solitamente si sguazza nella banalità) alcuni tra i più sinceri e toccanti omaggi, ricordi, saluti.
Ne riporto tre, che ho avuto il piacere di trovare tra i miei contatti su Facebook: scritti di getto, onesti e forse anche per questo emozionanti.

(fonte: https://www.flickr.com/photos/vintage_stickers/4706955075/in/photostream/)
(fonte: https://www.flickr.com/photos/vintage_stickers/4706955075/in/photostream/)

Ma prima di lasciarti alla lettura, ti segnalo questa bella video-monografia su Fiorucci, in dodici capitoli, realizzata nel suo atelier in una sera di maggio di un paio di anni fa da Love For, un bel progetto tutto italiano che indaga il mondo del design attraverso una serie di interviste, e che in una sera di maggio del 2013 ha incontrato il grande Elio.

Ciao Elio, sono una di quelle ragazze che negli anni settanta si metteva i tuoi jeans stendendosi sul letto altrimenti la cerniera non si chiudeva. Poi comprava le cinture con topolino e quelle in oro, ma anche quelle a fiori che sembravano di Warhol. Poi mi ricordo una maglietta rosa che quando me la mettevo stavo benissimo. E poi anche uno schiaffo di mia madre perché una strana blusa sempre tua era per lei troppo audace.
Chissà dove sono andate a finire. Però le ricordo tutte perfettamente.
— Maria Luisa Frisa

* * *

Ho tre ricordi riguardo Elio Fiorucci:
– circa 1976 a Milano, ero una bambina e mi ricordo un giorno con mia mamma e mia sorella in cui facemmo la fila per i saldi, una cosa per me stranissima. Ma poi entrammo in questo posto meraviglioso, dove non si capiva dove fossero i piani, i commessi, le vetrine. Dove c’erano vestiti ma anche oggetti, giocattoli, cartoleria. Ora qualsiasi negozio è così, Fiorucci fu il primo. Ne uscimmo con una quantità di sacchetti fra cui, ricordo, una tuta intera bianca a maniche lunghe da imbianchino di cui adoravo anche l’etichetta (esterna, triangolare, di plastica fluo, tre cose assolutamente inusuali, allora), una tuta con felpa girocollo e pantaloni rosa (tutte le tute allora erano solo blu e grigie) e un portafoglio in vinile fluo rosa a forma di cuore con Olivia e Braccio di Ferro. Posso ancora ricordarne l’odore.
– 1989, primo giorno di lezione alla Scuola di Moda di Urbino, dove entrai dopo una selezione per 20 posti su 600 aspiranti. Ci troviamo il signor Fiorucci davanti che sorridendo ci racconta quanto gli oggetti raccontino storie e quanto i materiali siano affettivi. Ci fece l’esempio dell’alluminio, che lui associava ai contenitori del latte che aveva da bambino, le mucche, l’infanzia, le cose sane. Qualcuno oggi lo chiama storytelling.
– uno degli ultimi Pitti Uomo a cui ho partecipato, forse 2 o 3 anni fa. Lo vedo passeggiare, poco appariscente, sorridente e da solo, tra il popolo del Pitti , tutti, pur avendolo ovviamente riconosciuto, troppo preoccupati di apparire poco cool se si fossero fermati a salutarlo. Io pensai che quelli che aveva attorno in quel momento, autodefinitisi coolhunter, precursori, designer, art director, stylist, avrebbero dovuto PROSTRARSI e farlo camminare sui loro blazer pastello del cacchio.
Io mi sono vergognata tantissimo (per fortuna che un amico mi incoraggiò) ma sono andata, l’ho fermato e gli ho detto che volevo solo stringergli la mano e ringraziarlo per tutto quello che aveva fatto nella sua vita. Lui ha fatto un sorriso timido e mi ha ringraziato.
Ciao Elio, hai sempre spaccato il culo in tempi non sospetti e sempre con i fatti, ci mancherai.
— Gaia Segattini

* * *

Due anni fa sono entrata nel tuo studio con le scarpine di Cenerentola. Le scarpine le quali mi hai fatto togliere immediatamente e le hai appoggiate sul tavolo, per ammirarle. E io sono stata scalza per tutto il tempo. Ti avevo portato una busta enorme traboccante di fiori, la quale avevi appoggiato sulla tua scrivania, accanto al manifesto della tua sfilata a NY e l’esibizione di Madonna negli anni 80. La busta era rimasta lì da allora. Quel giorno mi hai regalato la tua palla di neve, mi hai detto di scuoterla appena avrò bisogno di te. Da lì è iniziato uno scambio meraviglioso, io ti spedivo le mie favole, e tu tutte le tue figurine delle pinup, che sapevi mi piacevano molto.
Ho scritto anche una favola su di noi — il re dei fiori, che rimarrà sempre e solo nostra.
Mi dicevi di credere. Mi dicevi che tutto quello che toccavo diventava magico. Mi dicevi che ero umile e dolce. Mi dicevi di credere nelle favole.
Solo un anno fa sei venuto alla mia mostra in Triennale e nel mio bauletto dell’amore hai messo la tua Love Therapy, dicendomi che è l’amore tutto quello che conta.
La scarpetta di cristallo sul mio petto è dedicata a te, perché è grazie a te che ci credo ancora. Te che hai sognato e hai fatto sognare per 80 anni. E sono felice ora che abbiamo il nostro segreto, e che basterà scuotere la palla di neve e tu verrai da me.. Ciao mito. Ti voglio bene
— Dea Curić

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