Richard Havers, “Blue Note: Uncompromising Expression. The Finest in Jazz Since 1939”, Thames & Hudson, 2014 (fonte: hamesandhudson.com)

Un libro celebra i 75 anni della leggendaria etichetta discografica Blue Note

Fondata nel 1939 da due ebrei tedeschi emigrati negli Stati Uniti e chiamata così per via delle note abbassate di un semitono — quindi considerate “tristi” — tipiche del blues, la Blue Note Records è stata per quasi un secolo sinonimo di jazz, vuoi per la qualità del suono superiore a quella della maggior parte delle etichette concorrenti, vuoi per l’incredibile capacità di scouting che l’ha portata a essere per decenni “sempre sul pezzo” e a riconoscere e produrre quelle che poi sarebbero diventate le più importanti avanguardie di questo genere musicale, vuoi perché a quanto pare lavorare incidere per loro significava — a differenza di quanto succedeva nelle altre case discografiche — essere pagati pure per uno o due giorni di prove generali.

Da Duke Ellington a Charlie Parker, da Dexter Gordon a Dizzy Gillespie, da Miles Davis a Thelonious Monk, da John Coltrane a Cannonball Adderley, da Horace Silver a Sonny Rollins, da Herbie Hancock a Eric Dolphy, da Ornette Coleman a Chick Corea, dalla Blue Note sono passati tutti. Sono passati l’hot jazz e il boogie-woogie, lo swing e il bepop, il cool jazz e l’hard bop, fino alle avanguardie del free jazz e, più recentemente, le contaminazioni con l’hip-hop.

Richard Havers, “Blue Note: Uncompromising Expression. The Finest in Jazz Since 1939”, Thames & Hudson, 2014
(fonte: hamesandhudson.com)

Pietre miliari della musica, personaggi inimitabili, vizi, ossessioni e follie, aneddoti, trame e sottotrame: tanta è l’abbondanza che ricostruire una storia esaustiva dell’etichette sarebbe non solo un’impresa monumentale, ma addirittura un’impresa impossibile.
Ecco perché Blue Note: Uncompromising Expression, librone celebrativo uscito lo scorso novembre per i 75 della Blue Note, è da considerarsi solo la punta di un iceberg che si ramifica nelle storie ufficiali, nelle biografie e autobiografie degli artisti, nei ricordi personali finiti nella tomba assieme a chi li custodiva.

Una “punta d’iceberg”, però, che nelle sue 400 pagine piene di foto, copertine, locandine e documenti ufficiali (frutto di una lunga ricerca d’archivio da parte di Richard Havers, l’esperto di musica e scrittore che ha curato il volume) ha il merito di offrire un bello spaccato sulla casa discografica in particolare ma soprattutto sul jazz in generale.

Richard Havers, “Blue Note: Uncompromising Expression. The Finest in Jazz Since 1939”, Thames & Hudson, 2014
(fonte: hamesandhudson.com)
Richard Havers, “Blue Note: Uncompromising Expression. The Finest in Jazz Since 1939”, Thames & Hudson, 2014
(fonte: hamesandhudson.com)
Richard Havers, “Blue Note: Uncompromising Expression. The Finest in Jazz Since 1939”, Thames & Hudson, 2014
(fonte: hamesandhudson.com)
Richard Havers, “Blue Note: Uncompromising Expression. The Finest in Jazz Since 1939”, Thames & Hudson, 2014
(fonte: hamesandhudson.com)
Richard Havers, “Blue Note: Uncompromising Expression. The Finest in Jazz Since 1939”, Thames & Hudson, 2014
(fonte: hamesandhudson.com)
Richard Havers, “Blue Note: Uncompromising Expression. The Finest in Jazz Since 1939”, Thames & Hudson, 2014
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http://vimeo.com/112699912

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