WhiteAlbum, l’app che ti fa tornare indietro alle scomodità della fotografia analogica

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Tra tutto ciò che è andato perduto, nel passaggio tra la fotografia analogica a quella digitale, ciò che sicuramente manca di meno a chi sta dietro all’obiettivo è il fatto di avere un limite di scatti e di non poter controllare fino al momento della stampa ciò che si è provato a immortalare cliccando il bottone.

È stato proprio l’aver perso questi limiti, assieme al fatto di poter portare una macchina fotografica in tasca, incorporata a qualsiasi smartphone, che ha portato la produzione di immagini a livelli impensabili anche solo fino a vent’anni fa, tanto che si stima che oggi, ogni anno, siano oltre 380 miliardi le foto scattate nel mondo1.

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Ma “fotografia per tutti”, per appassionati e professionisti, spesso fa rima con “fotografia per troppi” ed ecco quindi che in molti sono tornati alla pellicola — chi per moda, chi per ricerca estetica, chi per rifiuto luddista, chi per nostalgia.
Quella stessa nostalgia che fa fare gli acquisti più stupidi a chi compra e che apre nuove possibilità (col minimo sforzo) a chi vende: per chi fa marketing si tratta di uno dei sentimenti in assoluto più monetizzabili.

Ecco quindi il fiorire di prodotti, suoni, estetiche “come quando”, fatti a imitazione di ciò che è stato, spietatamente decontestualizzati dal “frame” originale e furbescamente piazzati nei canali giusti per raggiungere il target anagrafico su cui quella nostalgia (ogni generazione ha le sue) ha effetto.

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E ti ritrovi a viaggiare sulla versione contemporanea di un’auto progettata decenni fa ma con meno di un decimo del fascino dell’originale (vedi Maggiolone o 500) o magari a spendere venti dollari per farti spedire a casa un “rullino virtuale” di foto scattate su uno smartphone di ultima generazione con un’app come WhiteAlbum, che ti permette di fare foto ma senza poter riguardare ciò che hai immortalato. Esattamente come facevi e come puoi ancora fare con la tua vecchia fotocamera a pellicola.

Che senso ha? Guardati intorno, guarda quante cose “come quando” hai già comprato e capirai che il marketing della nostalgia non deve per forza avere un senso. L’importante è che venda.

co-fondatore e direttore
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