Due anni fa, parlando del primo numero di questo magazine che affonda le sue radici ideali e spirituali direttamente negli anni ’70 — decade da cui la rivista succhia linfa creativa, trae estetica, piglia e rimastica icone — scrissi un “papello” su sospensione dell’incredulità, inganno collettivo, tranelli temporali e superficialità.
Il fatto è che Mirage, che si fregia di un pay off come “moda, costumi da bagno ed edonismo da jetset” e che in un negozio online come Sodabooks viene inserito nella categoria “erotika”, è un ottimo esempio di come si possa far leva sulla nostalgia vintage — unita, in questo caso, a una buona dose di tette — per vendere copie (e qualsiasi altro tipo di prodotto, materiale o immateriale).
La nostalgia vintage è entrata talmente in profondità nella cultura contemporanea da non rappresentare più soltanto una faccia di quel complesso poliedro che dovrebbe incarnare il proprio gusto personale, andando piuttosto (e purtroppo) a sostituirsi in toto a quel poliedro, schiacciandone la tridimensionalità fino a trasformarlo in un desolante piattume, in una patina che confonde e maschera, che del/dal passato prende sì l’estetica ma si dimentica di allegarci i contenuti.
Le riviste anni ’70 avevano sì le foto “à la Mirage” (ovviamente è l’esatto contrario) ma all’epoca quella era l’estetica e quelli, soprattutto, i mezzi tecnici, che si sposavano perfettamente col modo di pensare, produrre, leggere una rivista.
Oggi, invece, che senso ha?
foto via Sodabooks