Le sculture di Yoshitoshi Kanemaki

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Poche volte, raramente, ho desiderato di volere toccare con mano quello che osservavo in un museo. Sono stato cresciuto con l’imperativo che nei musei si guarda ma non si tocca. Che poi a pensarci bene non è una cattiva regola quella della muta osservazione delle opere, i turisti vocianti mi hanno sempre un po’ rotto l’anima ed essendo vissuto per gran parte della mia vita in una città simbolo dell’arte e avendo frequentato alcuni di questi musei allo sfinimento mi sono reso conto di come, negli anni, sia completamente cambiato l’approccio all’opera d’arte.

Il biascicar gomme, fare foto con i cellulari, l’orecchio distratto dalla voce monotona della guida, l’assenza di un libro nelle mani dei visitatori sono le nuove cifre del peregrinar moderno tra un museo e l’altro. In fretta e furia per non sciupar tempo da dedicare ad altro, per fare un po’ più di fila davanti a un blasonato negozio di lusso, incanalati come bestie al macello sacrificale di un monomarca dal sapore vacuo di ricchezza.

Sono il solito polemico rompi coglioni, lo ammetto, mea culpa, sono intollerante nelle mie convinzioni. Rimango attonito e sempre meno capace di accettare la mancanza di raccoglimento di fronte alla bellezza. Non c’è educazione, la vita non la impone, adesso, e se tutto fugge via rapido allora non v’è senso alcuno di non far fuggire anche la possibilità di voler toccare e provare l’ebbrezza di assaporare con un nuovo senso l’opera esposta.

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Mi sono sentito “sguaiato” davanti all’opera di Yoshitoshi Kanemaki. Ho provato un’impulso forte come davanti a certi capolavori — che per me si sono sempre annidati nel classico — di toccare, assaporare e rendere tattile la mia meraviglia. Ho odiato il luogo fisico in cui mi trovo e ho sperato in un nuovo viaggio.

A proposito Simone, per apprezzare i classici non serve renderli pop, serve leggerli, accarezzarli con il pensiero e perdersi dentro la magnificenza di chi li ha scritti. Se non si sanno apprezzare, pazienza. La vita è ingiusta e non tutti meritiamo di avere le stesse sensazioni, a volte sofferte e profuse d’impegno, perché cercare di capire implica molto di più di una concentrazione da trequartista da iphone, rifinitore di tasti. L’impegno a rimaner seduti di classicistica memoria non è affar per tutti ed evviva i giovamenti che ognuno trae da quel che vuole. A ognuno il suo. Cultura e letture comprese.

Yoshitoshi Kanemaki è un artista giapponese, plastico, virtuale, sognante e illimitatamente visivo. Sognante perché nelle sue opere il mezzo espressivo, il legno, si fonde con la certezza che creare da una materia viva produca altrettanti visioni di esternazioni nascoste. Anime che nella scultura prendono forma e si appollaino sul preesistente, ritratti a frame di soggetti statici, movimenti di figure che scaturiscono e formano una cascata di pensieri.

Maledetto internet che stuzzichi la fantasia ma castri il senso. Benedetto internet che apri all’infinito le possibilità di conoscere e rendi possibile esplorare nuove dimensioni di viaggio.

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