Supervenus, ovvero quando il troppo stroppia

Che cos’è la bellezza?
Chi è l’artefice di un modello vincente in una società dell’apparenza come la nostra?Se volessi partire dalle basi della nostra storia saprei certamente che quello che veniva reputato bello un tempo, adesso, molto probabilmente non lo sarebbe più.

Nella cultura classica il concetto di bellezza si fondeva spesso con la beltà d’animo, i greci scolpivano questo assioma con il termine καλὸς καὶ ἀγαθός — bello e buono — significando che la bellezza d’aspetto si legava imprescindibilmente con la purezza d’animo, con il valore assoluto della morale e delle doti etiche dell’individuo.

Da quando l’etica si è spostata notevolmente in basso tra i valori della vita, il concetto stesso di bellezza è cambiato. Con il mutare dei secoli, le forme, gli accessori e i vestiti sono diventati parte di una rappresentazione schematica della persona. La moda come concetto universale di omologazione e status, ha fatto la sua parte nel creare un artificio mentale per cui se sei conforme avrai la visibilità che il marchio stesso ti dona al momento dell’acquisto. La libera interpretazione della foggia ti esclude o reclude tra i freak, gli strani, fino a diventare anch’essa parte di una corrente che ti incanala nel flusso direzionale del gusto condiviso.

Non sono tanto le modificazioni del gusto nel vestire a rappresentare il problema vero, se ci si sente felici nell’indossare gioielli, accessori e vestiti uguali a grossa parte della popolazione, niente di male. Ognuno trae beneficio da quello che vuole.

La profonda trasformazione che anima davvero la nostra società è la visione del proprio corpo come di un accessorio modificabile, scomponibile, irreparabilmente personalizzabile.
La chirurgia estetica basa il proprio fondamento su una profonda falla del nostro io, la non accettazione di sé. Quando la chirurgia è fine a se stessa, priva di scopo, viene usata come lifting dell’anima. Il tempo passa irrimediabilmente per tutti, lasciando traccie e segni di quello che siamo stati, delle droghe che abbiamo usato, degli abusi che abbiamo commesso, delle carezze e degli schiaffi che abbiamo ricevuto e dei sorrisi che non abbiamo regalato. Modificare il proprio viso, scolpire i propri fianchi, modellare la nostra carne per inseguire il sogno vacuo di perfezione da magazine è ingiusto.

In Supervenus l’artista Frédéric Doazan esplora con un video la scelleratezza della ricerca della perfezione attraverso l’uso smodato della chirurgia facendoci apprezzare ancora una volta che il concetto di bellezza è fragile, come chi lo indossa.

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