Technotomie: l’iPhone come corpo organico

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E se i nostri telefoni respirassero? Se avessero un cervello, dei muscoli, delle ossa a sostenerli, delle vene a pompare sangue e energia?
Lo chiedo a Lorenzo Bricola, classe 1983, che recentemente ha realizzato — con una complicatissima e quasi alchemica lavorazione — una serie di stampe in tiratura limitatissima dal titolo Technotomie, nelle quali l’iPhone viene “dissezionato” come in vecchio manuale illustrato di medicina, rivelando una struttura organica.

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Da dove è nata l’idea di vedere l’iphone come un qualcosa di organico?
La prima cosa che mi è venuta in mente, quando l’ho visto, è stata la macchina da scrivere di Burroughs ne Il pasto nudo.

Sì, Cronenberg fa parte delle mie influenze, adoro la sua carnalità e la sua forza visiva. L’idea delle anatomie di oggetti tecnologici nasce da una riflessione più ampia sul rapporto tra uomo e macchina. L’iPhone ne è solo un esempio: il nostro mondo è così pieno di questi gioielli che è stato naturale immaginarli umani, pulsanti, nervosi. Naturalmente punto anche a una riflessione sulla nostra dipendenza da queste tecnologie.
Non ne sono certo ma è possibile che l’idea mi sia venuta in metropolitana, guardando la stragrande maggioranza delle persone ipnotizzate davanti ad uno smartphone. Credo che anche il lavoro di mio padre mi abbia influenzato.

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Che lavoro fa tuo padre?

Ha sempre dipinto, sin dagli anni 70. È lui che mi ha insegnato la tecnica.
Anche nel suo lavoro c’è una buona componente di macchine e uomini.

Torniamo al tuo lavoro. Da quanto ti occupi di grafica e illustrazione?

Lavoro da circa 8 anni nella comunicazione visiva come art director. Nel tempo libero, mi dedico ai miei progetti personali.

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Technotomie è nato come progetto personale, giusto?

Esatto, è un progetto che è rimasto in cantiere molto tempo prima di vedere la luce.
Inizialmente doveva essere una serie di oggetti: c’erano anche dei computer, macchine fotografiche digitali…
Poi ho ridotto il tutto ad un unico soggetto-simbolo.

Che tipo di ricerca hai fatto per creare l’anatomia dell’iPhone?

Vecchie tavole di anatomia, Leonardo, e varie mostre che ho visitato, tra cui una alla Welcome Gallery di Londra veramente notevole.

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Tecnicamente come hai lavorato alle stampe?

Serve molta pazienza. E molto tempo.
Sono partito con la fase dei bozzetti e di studio su carta. Una volta definite le tavole sono passato all’esecuzione su lastra.

Puoi spiegarmi come?

Ho utilizzato le tecniche di ceramolle e puntasecca per il tratto. Acquatinta per le campiture.
Occorre preparare i supporti con uno strato sottilissimo di gomma calda sulla lastra, su cui va adagiato un foglio di carta velina che va ad avvolgere la lastra.

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Poi ci disegni sopra?

Sì, disegnando su questa superficie vado a togliere lo strato protettivo sulla lastra. Con questa tecnica ottengo segni più morbidi, che assomigliano alla grafite.
Finito questo passaggio completo il disegno con una punta direttamente sulla lastra, per avere dei segni più netti e precisi. La morsura in acido farà il resto.
Una volta completato il tratto passo all’acquatinta per le campiture. Si tratta di bitume, che viene fatto attaccare alla lastra grazie al calore.
Quando la base è pronta occorre lavorare con un pennello, coprendo la lastra e lasciando libere solo le zone desiderate. Infine rimettere il tutto in acido.
A quel punto la prima lastra, quella del nero, è pronta e posso passare alla lastra che userò per stampare il colore.

Suona come molto complicato…

Lo è, ma è anche molto affascinante, un vero e proprio rituale fatto di polveri, fuoco, diluenti, torchi a stella. Pura chimica ed imprevisti: ci si sente un po’ come un alchimista.
Anche la tecnica utilizzata non è casuale rispetto alla tematica tecnologia-uomo, qui ci si sporca le mani ed è bello! Non si fa nulla in photoshop, lo uso già troppo di giorno…

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Lavori spesso con questa tecnica?

Appena posso, ma per via dei tempi non è sempre facile.
Io vivo a Milano e la strumentazione ed il laboratorio invece sono a Como.
Quando sono stanco della città e del casino, mi ritiro lì. Quando sono a Milano invece mi dedico alle fasi di preparazione oppure a tecniche di illustrazione più tradizionali.
Con la stessa tecnica ho realizzato anche la serie Binary Statement, che più o meno verte sugli stessi temi: uomo/tecnologia.

Il laboratorio è quello di tuo papà?

Sì, è il laboratorio di mio padre.

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Che effetto fa condividere il laboratorio con lui?

È fantastico ed è del tutto naturale. Quando ci vediamo ci aggiorniamo sui nostri progetti: lui mi mostra i suoi quadri, le sue lastre, io i miei schizzi e le mie idee. Ci scambiamo stimoli e spunti.
Mi piacerebbe in futuro organizzare una mostra condivisa dei nostri lavori di grafica ma sono un po’ indietro con la produzione…

Prossimi progetti? Hai idea di rendere “organiche” altre tecnologie, come accennavi all’inizio?

Assolutamente sì, non considero mai finiti i miei progetti. Sono sempre pronto a rimetterli in discussione, a smontarli e ricomporli; è anche il motivo per cui la gestazione che hanno è solitamente abbastanza lunga.
Non escludo quindi nuove Technotomie. Sicuramente è un tema che affronterò nuovamente, lo trovo seducente e allo stesso tempo inquietante, oltre che estremamente attuale; ora però sto lavorando ad una serie di ritratti come istantanee di questo particolare momento storico. E poi sempre molta calligrafia e tanta ricerca.
Ho anche in programma di dedicarmi alla litografia, disegnando su pietra. Vorrei rivalutare queste tecniche antiche e ormai in disuso ed utilizzarle per creare qualcosa di contemporaneo. Mi piacciono i contrasti.

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