Nel suo bestseller internazionale The Laws of Simplicity — pubblicato in Italia nel 2006 da Bruno Mondadori col titolo Le leggi della semplicità — John Maeda, designer/guru del MIT di Boston, scriveva a proposito dello spazio bianco nell’ambito della progettazione grafica: «Se avessero a disposizione un’area sgombra o una camera in più, gli esperti di tecnologia inventerebbero qualcosa per riempirle; in maniera simile, gli uomini d’affari non rinuncerebbero mai a una potenziale opportunità. Un designer, invece, sceglierebbe di fare del suo meglio per preservare il vuoto, perché crede che il nulla sia qualcosa di importante. L’opportunità persa a seguito dell’aumento dello spazio sgombro è compensata dalla maggior attenzione per ciò che resta. Più spazio bianco significa che viene presentata meno informazione e, allo stesso tempo, che una maggiore attenzione sarà dedicata a ciò che è stato reso meno disponibile. Quando le cose di cui disponiamo sono poche, le apprezziamo molto di più».
Il lavoro del graphic designer sugli spazi bianchi e sul vuoto, dunque, ha un che di zen. Soprattutto quando la forma si sposa perfettamente al contenuto, come nel caso di questa nuova rivista di moda realizzata in quel di Stoccolma da due studenti, Nani Lim e Pontus Samuel, e nata come progetto universitario.
Due copertine, una al maschile e una al femminile. Una palette colore fatta principalmente di bianchi, neri e grigi. Un uso sapiente dello spazio e tanto, tantissimo vuoto, per 116 pagine che raccontano la moda analizzando il rapporto tra abiti e funzionalità.
Il magazine si chiama Connected e si acquista online.