In fondo non sei nessuno: perché dovremmo pagarti?

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Ho già affrontato il tema degli editori (e non solo) che non pagano in alcuni articoli, ma mi rendo sempre più conto che se da una parte c’è qualcuno che non paga, dall’altra c’è qualcuno che non si fa pagare.
Forse è venuto il momento di discuterne un pochino?
Negli ultimi mesi diverse persone mi hanno raccontato di editori che non pagano, che presentano contratti assurdi e in troppi mi pare siate in qualche modo rassegnati a questa situazione.
Come ho già fatto in altre occasioni, provo a rispondere ad alcune affermazioni raccolte qua e là per spiegarvi i motivi per cui non è giusto lavorare gratis.

Sentito dire dagli editori:
In fondo non sei nessuno, perché dovrei pagarti?

È vero, non siete nessuno, ma allora perché all’editore interessa il vostro lavoro?
Se vi ha cercato lui o se ha comunque trovato valido il vostro lavoro da nessuno, è giusto che paghi per averlo.
Se invece preferisce lavorare con qualcuno può chiamarlo quando gli pare.

Se non ti va di lavorare gratis, chiamo qualcun altro. Tanto c’è la fila.

È normale: quando sono in tanti a tentare una carriera, artistica, sportiva o d’altro genere, c’è la coda, e tra quelli in coda c’è chi è disposto a tutto pur di farcela.
Ma credetemi: di solito non ce la fate lavorando gratis. Lasciate pure il posto a qualcun altro. Ricordatevi questo poi: ogni cosa che fate, in generale nella vita, ha conseguenze sugli atri. Voi lavorate gratis? Non fate una scelta solo per voi stessi ma anche per gli altri ai quali impedirete di essere pagati, perché ogni volta che chiederanno la giusta remunerazione, si sentiranno rispondere: se non ti va di lavorare gratis, chiamo qualcun altro. Tanto c’è la fila.

Non ti paghiamo, però uscendo con noi guadagni in visibilità.

La visibilità è una conseguenza del lavoro. È ovvio che se fate qualcosa ciò vi rende visibili, ma il lavoro va comunque remunerato. Non esiste visibilità che da sola ripaghi del vostro lavoro. Lavorare gratis costituisce un pericoloso precedente: se lo fate una volta lavorerete gratis anche le altre.

Comunque tutti all’inizio hanno lavorato gratis.

Non è vero.

Noi siamo piccoli, non possiamo permetterci di pagarti.

Se non hanno soldi perché fanno gli editori?
Il mondo è crudele, lo so, ma ha le sue regole: chi vuol fare l’imprenditore deve avere un capitale.

Fare un libro comporta delle spese. Ti chiediamo di partecipare solo in minima parte.

Il rischio d’impresa non deve essere a carico degli autori. Non in senso finanziario.
Il mio rischio d’autore è già incluso nel lavorare svariati mesi senza la garanzia che il libro poi venderà. Non per niente la mia percentuale è inferiore a quella dell’editore che nel rischio include non solo lavoro ma esposizione finanziaria.
Ci sono editori che nel contratto quantificano in modo analitico le spese che affrontano: impaginazione, grafica, correzione bozze. Queste voci sono comprese nella comune attività di un editore e non sono a carico dell’autore.

Guarda che è normale: all’inizio tutti pagano per fare i primi libri.

Non è vero.

BONUS TRACK:
Come funziona l’editore a pagamento

1) Innanzi tutto non è un vero editore, perché non è iscritto all’albo degli editori e perché perlopiù non ha distribuzione.
La distribuzione è la base dell’editoria e di qualsiasi attività di produzione commerciale: quindi deve essere capillare. Altrimenti i libri non si vendono.

2) L’editore a pagamento dichiara di stampare 1.000 copie e ve ne da 500 da distribuire da voi. In realtà le sue 500, non le ha stampate. Quindi siete i soli a vendere i vostri libri.
Una ventina di copie le mette nelle librerie della città in cui vivete, per farvi vedere che i libri sono stati distribuiti.
Le librerie accettano i libri in conto deposito: vuol dire che non avranno spese di resa. Non gli costano nulla e quindi li prendono, sperando che qualcuno dei vostri amici, mandati da voi, vada a comprarli.
E’ una finzione perfetta
Vendere da soli 500 copie è molto difficile: tanti editori, organizzati e professionali hanno difficoltà a piazzare le 700 che servono ad ammortizzare le spese di stampa e a stento riescono a venderne 1.000.
Esistono poi varie vie di mezzo: editori più o meno regolari che comunque chiedono agli autori di pagare, editori regolari, iscritti all’albo, che integrano alla produzione della casa editrice libri a pagamento, che però non finiscono sul catalogo.
La morale non cambia: non ha nessun senso pagare per pubblicare.
Se anche il vostro libro finisce sul catalogo, l’editore non si impegnerà per venderlo. Spesso si impegna poco quando ci mette dei soldi, quindi perché dovrebbe farlo se è già rientrato delle spese?

3) Alternativa: se proprio volete produrre qualcosa a vostre spese cercate un buon tipografo, fatevi aiutare da qualche amico grafico, se non avete competenze per l’impaginazione, copertina ecc, e stampate un numero limitato del vostro libro. Bastano 50 copie: ne regalate qualcuna agli amici, le altre vi servono da auto-promozione. Se finiscono, potete stamparne altre 50. Non c’è nessun motivo di pagare 2.000 euro per stoccarvi in casa 500 copie di un libro.
Ci sono anche dei siti che stampano on demand: basta mandargli l’impaginato preciso, la copertina, ecc, e loro stampano e spediscono a casa il vostro libro, anche in esemplare unico.

4) Lo ripeto: l’editore a pagamento non è un vero editore e quindi pubblicare con lui non fa curriculum.
Non pensate: pago così almeno ho un primo libro nel mio curriculum. Nell’ambiente professionale tutti conoscono gli editori a pagamento e quindi sapranno che avete pagato.
Il vostro curriculum rimane a zero.

Sentito dire dagli autori:
Hanno ragione, in fondo non sono nessuno: cosa posso pretendere?

Tutti hanno diritto di essere pagati. Se non vi fate pagare all’inizio, non vi farete pagare nemmeno dopo. È una questione di forma mentale. Non sono uno psicologo e quindi non so spiegarvelo che in modo empirico: le persone che conosco che non riescono a farsi pagare rimbalzano da un editore all’altro e rimangono puntualmente deluse. Sembra quasi che li cerchino di proposito.
Credo che sia un problema di autostima.
Ora: peccare di presunzione non va bene, ma nemmeno l’opposto, peccare di umiltà, va bene. Cercate una via di mezzo.

Sono alla ricerca di un editore ma trovo solo editori a pagamento.

Sapete perché? Perché li avete cercati su Google! Gli editori a pagamento investono i soldi che non vi daranno per figurare in cima alla lista nei risultati dei motori di ricerca.
Gli editori si cercano in libreria, in biblioteca o alle fiere: leggete, studiate, cercate di capire chi vi piace e puntate quelli.

Gli editori che mi piacciono non mi rispondono mai. Cosa faccio?

Ne cercate degli altri. Nel frattempo cercate di essere critici e di capire perché non rispondono. Forse il vostro lavoro non va bene per loro?
Lo so che è difficile intuire i pensieri di un interlocutore che non risponde, però questa è la difficoltà del mestiere di autore: capire a chi proporre il proprio lavoro.
Per farlo vi occorre conoscere le persone a cui vi proponete e vi occorre saper guardare con occhio critico le vostre produzioni.

Ricevo regolarmente proposte di collaborazione da parte di persone che non hanno la più pallida idea di quello che faccio. Mi propongono cose talmente diverse dalle mie e l’unica cosa che riesco a pensare è: ma non vedono la differenza?

Non si tratta di bello o brutto, si tratta di genere.
Io faccio perlopiù libri per bambini, ti proponi per illustrare un mio libro per bambini.
Domanda: perché mi mandi delle donne nude?
A me piacciono le donne nude: però per hobby.

Penso che all’inizio uno può fare qualche libro gratis, per farsi conoscere.

Sì, tutti vi conosceranno come qualcuno che lavora gratis.

Nel mio contratto c’è scritto che fino a 3000 copie non verrò pagato: è normale?

No. Soprattutto se lo stesso contratto dichiara che del libro saranno stampate 1.500 copie (non è una gag, l’ho visto sul serio).

L’editore ha detto che non mi paga ma mi darà 500 copie che posso vendere da me.

È il famoso editore a pagamento di cui parlavo prima. (vedi Bonus Track)

Ma allora cosa faccio, se non trovo un editore che mi paga?

Continuate a cercare. Ma non cercate a caso. Lo so di ripetermi, ma questo è quello che penso: dovete appartenere al mondo in cui desiderate lavorare. Volete fare il tatuatore? Dovete essere tatuati. Volete suonare la chitarra? Dovete ascoltare musica e possedere una chitarra.
Volete fare libri? Dovete consumare libri.
Solo consumando libri comincerete a capire come funziona il mondo del libro.

Come faccio a sapere se l’editore è uno che paga o no?

Io ho sempre diffidato di quelli troppo complimentosi, perché in questo ambiente nessuno ti fa veramente gran complimenti. Semplicemente a un certo punto cominci a lavorare, ti dicono “le tue cose ci piacciono molto, vorremmo fare qualcosa con te.”
Ma nessuno dice mai “Oddio, come sei bravo!”
Gli editori a pagamento sfruttano questa lacuna, riempiono questo vuoto di stima e di solito ti adulano. Ma non tutti. Altri sono più sobri, fanno contratti apparentemente regolari, salvo che poi non pagano perché sanno benissimo che per avere i vostri soldi dovete fargli causa.
L’unica cosa che posso fare, se me lo chiedete, è dirvi chi paga e chi no.
Lo so, sarebbe pratico fare delle liste pubbliche, ma la cosa avrebbe risvolti legali un po’ complicati da gestire.

Come faccio a chiederti un consiglio? Non trovo il tuo indirizzo da nessuna parte.

So anche questo. L’ho fatto togliere da tutti i siti, perché quando cominci a diventare famoso ti scrivono un sacco di svalvolati.
Ma voi siete in gamba, e mi troverete lo stesso.

BONUS TRACK
Cosa fare se non vi pagano

Grosso le modo le cose stanno in questi termini: dovete fare causa.
Credo che se il debito non supera una certa cifra siate obbligati a passare attraverso il giudice di pace, ma per saperne di più consultatevi con un avvocato.
I tempi del recupero possono essere lunghi e dovrete anticipare delle spese. Non so darvi dettagli precisi, credo che le spese per i bolli siano fisse mentre una parte è proporzionale alla cifra che intendete recuperare.
Io posso raccontarvi l’unica causa che ho fatto: era per recuperare circa 12 mila euro. Ne ho anticipati 500 e poi altri 500.
La procedura è durata circa 8 mesi durante i quali l’editore saldò una prima parte di debito. Prima della sentenza chiamò l’avvocato per saldare il resto, senza passare in giudizio. In totale pagò 16 mila euro, cioè:
i soldi che mi doveva
+ le spese legali
+ gli interessi legali (circa 300 euro)
+ la ritenuta d’acconto (certificata)
+ la parcella del mio avvocato (+ IVA)

Tenete conto che mi dovevano soldi da un anno e tra le fatture non saldate c’era ancora roba dell’anno precedente.
Prima di prendere un avvocato ho chiesto il saldo delle fatture in modo progressivamente più formale: per email, poi lettera, poi raccomandata.
Tra una cosa e l’altra sono passati circa sei mesi.

La morale è che: ci vuole tempo. Ma non è giusto lasciar perdere.
Ricordate cosa vi ho detto: ogni cosa che fate ricade anche sugli altri.
Ogni volta che lasciate perdere, chi vi ha fregato fregherà qualcun altro.

editorialista
Mostra Commenti (4)
  1. Sì, ok, il dovere morale di fare causa eccetera eccetera, ma se l'editore che (non rispettando il contratto) non ti paga ti deve comunque una miseria, hai anche il dovere morale di andare in perdita dando il triplo ad avvocati vari?

  2. Articolo importante perché permettere di fare ordine nelle idee. Grazie Davide per aver fatto un riassunto utile a molti, e grazie a FrizziFrizzi per aver ospitato questo intervento che, pur non essendo di rottura, comunque difficilmente sarebbe stato pubblicato sul Corriere.it.

    PS. Come ulteriore sviluppi si potrebbe parlare di tutta quella editoria che, pur vera, preferisce battere sempre gli stessi chiodi piuttosto che fare ricerca e cultura. Vorrei che qualcuno si prendesse la briga di riassumerci come e perché Fabio Volo sia solo la punta dell'iceberg.

    PS2. Con iceberg intendo il tipo di insalata, ovviamente.

  3. Io non sono un autore, ma ho lavorato come editor per quasi quattro anni per una casa editrice NoEAP, che paga regolarmente gli autori, in compenso non paga i collaboratori. Quando mi sono stancata di ricevere 100 euro di tanto in tanto e ho pestato i piedi, il signor editore mi ha pubblicamente diffamata. Il problema? Avendo lavorato gratis quattro anni ho dato fondo ai risparmi e adesso non ho abbastanza soldi da anticipare a un avvocato. La fortuna? Gli autori con cui ho lavorato conoscono la qualità del mio lavoro, e la casa editrice per cui lavoro adesso (che è a sua volta NoEAP, ma paga, come è giusto, i collaboratori), anche. In ogni caso non mi do per vinta. Prima o poi quel signore dovrà sputare quello che mi deve, e rimangiarsi con gli interessi tutto il resto.

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