Issues | Alquimie

Se il tema cibo, in questi ultimi anni di gran fermento nel panorama delle riviste indipendenti, è stato ampiamente coperto ed affrontato da ogni possibile punto di vista (o giù di lì) e con approcci—soprattutto estetici—che vanno dal patinato al punkeggiante, dal minimale al barocco, dall’iper-saturo al giallino sbiadito, lo stesso non si può dire per quanto riguarda il bere.

All’infuori di Hot Rum Cow, la cosiddetta new wave dell’editoria indipendente ha trascurato vini, birre e spiriti relegandoli all’interno delle riviste gastronomiche e lasciando un’importante fetta di mercato ai soli magazine mainstream e a quelli pensati esclusivamente per gli addetti ai lavori.

A riempire il vuoto ci penserà d’ora in poi Alquimie, nuova iniziativa editoriale lanciata da un sommelier/giornalista, un graphic designer ed un fotografo, tutti australiani.
L’idea è quella di raccontare ciò che c’è dietro ad una bottiglia di vino, ad un cocktail, ad un processo di fermentazione o alla preparazione di un buon caffè, il tutto da una prospettiva sì professionale ma con piglio divulgativo che renda la rivista accessibile a tutti.
Il bere come cultura, dunque, al di là dei numeri, delle analisi di mercato, delle recensioni sibilline, dei sommelier innalzati al rango di celebrità.

Con 21 articoli, 58 assaggi, 152 pagine, 168 foto, 35,649 parole, il primo numero di Alquimie uscirà a settembre.
E c’è chi lo chiama già “il Monocle del vino”.

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