Il museo della plastica

Poliossimetilene, bachelite, pvc, nylon, pet, policarbonato, poliestere, silicone… Plastica: la materia di cui è fatto il Novecento.
Te lo dice persino Bogart.

http://www.youtube.com/watch?v=7cGvwFyHdbo&t=11s

E Fantozzi.

http://www.youtube.com/watch?v=Rd0taT2hd8g&t=39s

Ma la plastica arriva da lontano. Già a metà del ‘700 il geografo e matematico francese Charles Marie de La Condamine tornava dall’Ecuador con una mirabilante notizia: gli indigeni, là, usavano uno strano materiale ricavato da un ancor più strano albero, quello della gomma, per realizzare statuine, palle, fasce e nastri. Nell’800, poi, Charles Mackintosh scopriva che trattando il cotone con la gomma quello si impermeabilizzava, inventando il Mackintosh, il primo soprabito impermeabile. Ma bisogna aspettare il 1861 per il primo vero materiale plastico—la Parkesine, realizzata in laboratorio da un chimico inglese, Alexander Parkes—ed il 1907 per la prima plastica interamente sintetica, la Bachelite, scoperta dal chimico belga Leo Baekeland.

Da lì in poi la strada è stata tutta in discesa (o in salita, dipende dai punti di vista) e la plastica ha conquistato il mondo. Il primo tubetto di dentifricio in plastica (1892); la prima bottiglia di plastica ed il primo nastro adesivo (1930); il primo clarinetto in plastica (1948); il primo asciugacapelli portatile, ovviamente in plastica (1961); il primo prototipo di auto in plastica (1964); la prima bandiera americana piantata sul suolo lunare, di nylon (1969); il primo cuore artificiale in plastica (1984).
Per il resto basta che ti guardi attorno, partendo dal mouse che tieni in mano o dallo schermo che stai guardando, e fin dove arriva l’occhio troverai un mare di plastica.

Una serie di molecole derivate dalla lavorazione del petrolio si sono trasformate in una parte essenziale della nostra vita, dai trasporti alla medicina, dall’arredamento alla musica, dall’arte alla moda.
E nel mondo sono diversi i musei che celebrano questa sterminata famiglia di materiali: solo in Italia ce ne sono tre, la Fondazione Plart a Napoli, che raccoglie oltre 1500 pezzi, tra opere d’arte e design, visibili sul sito interactiveplart.com; il Museo della Plastica Cannon-Sandretto di Pont Canavese (To), con oltre 2500 pezzi; il MAP – Museo dell’Arte Plastica di Castiglione Olona (Va).

Il problema è che nell’era di tumblr, pinterest e degli infiniti flussi di immagini che ci scorrono all’infinito davanti, se qualcosa non è opportunamente catalogato e diffuso in rete non esiste. E le modalità di esposizione online del Plart e del Museo Cannon-Sandretto lasciano molto a desiderare in quanto a navigazione e catalogazione. Per non parlare del MAP, che in rete—almeno per il momento—non ha una sua vetrina.

Per chi fa ricerca consiglio quindi il bellissimo sito della Plastic Collection della biblioteca universitaria di Syracuse, nello stato di New York. Una raccolta di 5000 oggetti in plastica, la metà dei quali digitalizzati e facili da “navigare”, divisi per materiali, settore e azienda produttrice.
Ovviamente niente può sostituire la ricerca sul campo (leggi: muovi il didietro da quella sedia) però ci si possono passare delle ore davanti a vecchi occhiali, giochi di sessant’anni fa, bracciali e collane, ciotole, tazze e contenitori di ogni tipo.

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