Giovani illustratori alla Fiera di Bologna

…segue dalla prima parte.

5.Perché alla Fiera non possono entrare i bambini? Non è assurdo che a una fiera di libri per bambini proprio loro non possano entrare?

Come ho già detto, la Fiera nasce come manifestazione professionale. Ce ne sono altre con un profilo diverso. Se entrate dal panettiere non potete lamentarvi che non venda i cetrioli. Bologna è una fiera specializzata. Se volete i bambini, cercatevene un’altra. Ma attenzione: le stesse persone che lamentano l’assenza dei bambini, si lamentano poi che a Montreuil nessuno guarda i book agli stand. Ecco, per capirci: Montreuil è il negozio che vende i cetrioli.

Il salone parigino infatti è una fiera-mercato, la cui specializzazione è la vendita.
Gli incontri professionali si svolgono su appuntamento in uno spazio apposito, in cui intervengono gli art director delle case editrici, ma agli stand pensano a vendere e basta.
Però potete godervi tutti i bambini che volete.
La Fiera perfetta non esiste, come non esiste il supermercato dove trovare tutto.

6.Perché in Fiera i libri non si possono comprare?

La Fiera di Bologna non ha un profilo commerciale, inteso come vendita al dettaglio. Non vi è mai capitato di vedere uno di quei negozi che serve i grossisti? A Parigi c’è una via lunghissima di soli negozi cinesi. Sono sulla strada ma non vendono al dettaglio, solo all’ingrosso. Quindi è inutile entrare per comprare due perline.

Bologna è una fiera un po’ così. La vendita è proibita. Poi c’è chi vende lo stesso, ma lo fa a proprio rischio, perché la vendita è sanzionabile.
Segnatevi i libri che vi interessano e cercateli su internet. Altrimenti in alcune città italiane esistono librerie internazionali o che comunque hanno uno scaffale internazionale.

7.Perché gli illustratori non possono entrare gratis?

La Fiera di Bologna è un momento di incontro professionale molto importante, è una cosa da mettere a budget se si intende lavorare nell’editoria, così come comprare il computer, la tavoletta grafica o i colori per disegnare.
Compratevi meno iPhone e mettete i soldini da parte per le cose veramente importanti.

8.Ho chiesto a un editore di mostrare il book e mi ha detto di no. Però, perché prima ho visto che a qualcuno lo guardava?

Rispondo con un esempio: ai concerti rock c’è sempre almeno una ragazza che si solleva la t-shirt e fa vedere le tette. E’ un fatto convenzionale. Ma non è la norma.
Se lo facessero tutte sarebbe un mondo bellissimo, senz’altro il mondo in cui vorrei vivere, ma purtroppo non è così. Se chiedi in giro a tutte le ragazze che vedi di alzarsi la maglietta è probabile che qualcuna lo faccia, ma perlopiù arriveranno degli schiaffi.
Ricordate: non tutto ciò che accade, anche con frequenza, è la norma.

9.Ancora non ho capito: ma alla Fiera serve andarci, o no?

A me personalmente non interessa più. La trovo un po’ troppo simile sempre a sé stessa per quanto nel tempo si sia rinnovata. Ma c’è da dire che ne ho fatte parecchie, alla prima avevo 22 anni, quindi fate voi i conti.

Ora faccio molti saloni francesi, dove c’è una dimensione diversa, quella della vendita e dell’incontro con il pubblico.

La Fiera di Bologna senza dubbio ha molti difetti, molte cose potrebbero ancora essere perfezionate, ma rimane l’unica reale occasione di incontro professionale con un profilo internazionale, in Italia.

Impararne i meccanismi, prima di pensare di stravolgerli o lamentarne le lacune, credo sia fondamentale per tutti quelli che ci vanno con l’intento di proporre il proprio lavoro.

Considerazioni finali /1

Ci sono alcuni aspetti del mestiere di illustratore che ancora sfuggono ai più. Mi sono sempre impegnato, e continuerò a farlo, attraverso i corsi o semplicemente gli articoli, per renderli il più chiari possibile a chi ancora non è entrato nel mondo dell’editoria.
Ma un piccolo sforzo, dovete farlo pure voi.

L’editoria è un’industria privata, fatta da imprese private, e non un ministero.
Il principio che regola tutto sono meritocrazia (che in molti esaltano di questi tempi, salvo poi contestarla quando gli fa comodo) e la scelta soggettiva. Quindi gli editori valutano in base ai loro gusti e alla loro cultura ciò che vedono e non vi è dovuto niente. Non importa che titoli di studio avete e non importa se avete già un curriculum nel campo dell’editoria: ogni volta che vi proponete è come la prima volta e ogni volta possono dirvi di no.

Del resto a tanti sento dire che morirebbero in un posto di lavoro normale. Ecco, se volete fare gli autori e gli illustratori, non avrete un lavoro normale: niente cartellino da timbrare, niente straordinari, niente trasferte obbligate. Ma nemmeno il conforto della cassa malattia, del congedo maternità, non avrete necessariamente il week end libero, le ferie pagate. Niente ponte, niente scioperi. E’ un lavoro artistico ma anche manageriale, di gestione del proprio tempo, dei propri progetti, delle proprie risorse fisiche, psicologiche, economiche.

Considerazioni finali /2

Personalmente sono convinto che un po’ di attenzione ai giovani la si debba comunque. Per il semplice fatto che tutti siamo stati degli esordienti un po’ spaesati.
Io ho cominciato a rompere le palle agli editori a 15 anni, a lavorare pagato come un professionista a 22. Vedo che l’età media dell’esordio nel settore si è alzata parecchio. La maggior parte dei miei corsisti ha solo 5-7 anni meno di me.

Del resto non è detto che l’esordio debba essere giovanile. Penso che un pochino di attenzione si possa dedicare, compatibilmente con i propri impegni, a consigliare qualcuno che comincia dove tu hai cominciato anni fa. Io lo faccio ai corsi, ma lì ovviamente si paga, e lo faccio in privato, ma è una cosa mia, non di tutti.

E’ una questione di etica professionale, e ognuno se ne dà una. E’ una questione anche di crescita artistica, ma anche quella è personale. Io ho sempre parlato a tutti dei contratti, di soldi, di percentuali, di fregature. Ho condiviso sempre tutto.
Però sono io, sono fatti miei.
Come ripeto, non c’è niente di dovuto.

Get in the ring!

Mi piace la boxe e il suo immaginario. Ho spesso paragonato la boxe a questo lavoro, perché certe volte fare l’illustratore è un po’ come salire su un ring.

Quando vai a un appuntamento sai che hai poco tempo. Devi essere pronto a dare il meglio, a essere smagliante, ma devi anche saper incassare. Quando poi lavori, così come in un incontro in 15 riprese, deve imparare a risparmiare il fiato, a dare il meglio economizzando energie, devi essere veloce nei movimenti, veloce nello schivare e preciso nel colpire.
E devi studiare l’avversario.
E’ inutile agitarsi e sparare pugni a caso, perché andrai giù al primo diretto.

La Fiera si avvicina.
Siete pronti a salire sul ring?
DING!
Comincia la prima ripresa.

editorialista
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