Festival du Livre de Jeunesse Midi-Pyrénées

All’aeroporto di Toulouse c’è ad aspettarmi, come ormai di consueto, Alain. E’ il terzo anno di seguito infatti che sono invitato al Festival du Livre de Jeunesse Midi-Pyrénées e dalla prima volta è stato il mio simpatico autista. Alain ha 65 anni ed è solo uno dei circa cento bénévoles, che lavorano per questo Festival e in generale per i saloni francesi ai quali mi è capitato di andare.
La maggior parte dei bénévoles è costituita da pensionati: si occupano del trasporto degli autori dall’aeroporto e degli spostamenti da e per l’hotel. Montano e smontano gli stand, cucinano i pasti e si occupano dell’accoglienza dei visitatori.
Alain mi diceva che quest’anno i finanziamenti sono diminuiti, così le signore per arrotondare il budget ricavato dalla mairie e dalla regione cucinano anche torte che poi vendono.

Nella regione di Toulouse sono molto popolare. Ho una serie di fans sparsi tra i vari paesi che mi seguono da anni con fedeltà e calorosa amicizia. Sono stato più volte nel Gers, dove la prossima estate torno come invité à l’honneur al salone di Lectoure, e mi fa sempre piacere quindi venirci.
Il Festival dei Midi-Pyrénées si svolge di fatto a Saint-Orens, a un’ora di macchina da Toulouse, all’interno della palestra di un liceo.
La palestra è molto grande, praticamente un palazzetto dello sport.
L’allestimento è molto semplice: in terra c’è moquette, poi tavoli con i libri. Qua e là ci sono sagome realizzate dai bambini sulle illustrazioni di Silvia Bonanni, per i libri di Rue du Monde.

Metà palazzetto è quindi occupato dall’esposizione dei libri e dai tavoli dove dedicano gli autori, l’altra metà invece è riservata agli spazi per i vari laboratori e agli incontri. Ogni autore ha un box, in cui riceve le sue classi. Gli incontri previsti sono quattro al giorno, due al mattino e due al pomeriggio.

Il Festival apre di venerdì, con gli incontri delle scuole. In occasione dei saloni gli autori sono sempre invitati a incontrare le classi, ma quasi sempre si va a scuola. Qui invece sono le classi a venire al Festival, il che garantisce che i bambini possano vederlo, mentre spesso dopo gli incontri si confida un po’ nella voglia dei genitori di portarceli.
Gli incontri si svolgono come ormai di consueto. Negli ultimi cinque anni ne ho fatti centinaia. I bambini hanno letto i libri, vengono, si siedono.
Poi cominciano a sparare domande a raffica! Un’ora vola via in fretta.
Il tempo di prendere fiato ed ecco che arriva un’altra classe.

A pranzo siamo ospiti della mensa del liceo ma solo venerdì mangiamo con gli studenti. Sabato e domenica non c’è scuola, per cui sono i bénévoles a cucinare. Per cena, invece, siamo autonomi. A differenza di altri saloni, in cui ogni minuto della giornata è programmato, compresi pranzi e cene, qui gli autori sono liberi di andare a mangiare dove preferiscono e di tenere poi lo scontrino per il rimborso spese.

Esco a cena con Chiara Carminati, che prima del Festival avevo incontrato solo una volta. Chiara ha pubblicato solo un libro in Francia, con Grandir, illustrato con piastrelle dipinte da Pia Valentinis.
E’ un libro molto bello, dal titolo Les désirs des animaux, che avevo visto per la prima volta proprio qui al Festival, l’anno scorso mi pare.

Gli autori e illustratori invitati sono una trentina. Tra quelli che conosco ci sono Thomas Scotto, Annie Agopian, Rachel Corenblit che ho già incontrato a vari saloni, e poi Régis Lejonc e Olivier Douzou.

Ci sono anche due calligrafi ormai ospiti fissi del Festival: Saïd Benjelloun e Abdellâtif El Yagoubi. Entrambi tengono atelier di calligrafia in arabo, ciascuno con il suo stile. Saïd mi pare che lavori di più con un unico colore, Abdellâtif con varie sfumature. L’arabo è molto affascinante e spesso con i segni che compongono la parola i due calligrafi formano la figura della parola stessa (soprattutto con gli animali).

Tra gli altri atelier c’è quello di Lionel Le Néouanic, che forse ricorderete per i libri firmati con il collettivo Les chats pélés per Seuil Jeunesse (come Vive la musique, Au boulot! e Chiens) e Gilbert Le Grand che realizza buffi personaggi con oggetti di riciclo, raccolti per ora in un solo libro (ma un secondo è in uscita), Le Grand Show (Sarbacane).
Sono le dieci, il Festival apre ed è il momento di sedersi al tavolo delle dediche.

Le mattina scorre abbastanza tranquilla. Le primissime dediche sono sempre per i bénévoles e i librai, che approfittano della calma per collezionare autografi. Poi al pomeriggio, a partire dalle tre, comincia ad arrivare il grosso del pubblico. Per un paio d’ore non riesco nemmeno a pensare di alzarmi. E’ un fiume di gente che compra 3-4 libri per volta e chiede un disegno. Chi mi riconosce, perché mi ha visto gli anni passati, viene a cercare i libri nuovi, ma anche quelli vecchi, da regalare.

In Francia si comincia presto a comprare libri per i bambini. Mi capita di frequente di fare dediche per bambini non ancora nati. Quando usciranno dalla pancia della mamma avranno già ad attenderli una piccola biblioteca.
I saloni sono un’occasione per comprare libri che saranno poi regalati a Natale, anche se siamo solo a gennaio. Anche gli adulti si regalano molti libri per bambini.

Tra i miei, quelli più offerti sono senz’altro Moi, j’attends e J’aime t’embrasser. Il primo parla del senso della vita, il secondo d’amore: temi universali che gli adulti apprezzano molto e che non di rado ho dedicato per i 20 o 25 anni di matrimonio. Mi piace questa cosa, che due persone che si vogliono bene da tanto tempo si regalino un libro per l’anniversario.

Bon baisers ratés de Paris (primo di una serie) è il mio ultimo libro romantico indirizzato a un pubblico misto, di bambini e adulti.
E infatti nell’arco del week end ne darò via una pila.

Il Festival è animato anche da un paio di signore che fanno parte di un’associazione di pensionati che leggono ai bambini delle materne. Sono molto organizzati: si può entrare a far parte dell’associazione mi pare a partire dai 35 anni, quindi si passa attraverso un corso di formazione. In seguito gli associati si vedono ogni settimana per leggere e discutere di libri.
Qui al Festival le signore girano tra i tavoli degli autori, recitando poesie.

Per fortuna ho avuto un pochino di tempo prima dell’apertura per fare un giro di acquisti. E’ bellissimo aggirarsi tra i libri senza nessuno intorno e qui ho imparato che è meglio farlo subito, perché poi i libri finiscono.
Al centro del palazzetto c’è una piramide che raccoglie i libri selezionati per il tema del Festival (quest’anno era Imaginez-vous!). Anche i tavoli e gli espositori comunque sono tematici: ce n’è uno dedicato esclusivamente ai libri che parlano di cacca e pipì, uno sui libri che parlano delle cose della vita, c’è il tavolo dell’arte e quello della scienza, ce n’è uno dedicato a Mario Ramos, autore e illustratore morto di recente.

C’è un tavolo con i libri di Gianni Rodari (al quale è dedicata una conferenza di Chiara Carminati) e uno su Cappucceto Rosso, presente in varie versioni, tra cui due versioni “accordeon” molto particolari.
Un tavolo ovviamente è per i romanzi, un altro per i tascabili.

Il tavolo coup de coeur dei librai raccoglie vari libri molto belli, tra cui Dictionnaire fou du corps di Katy Couprie pubblicato da Thierry Magnier e vincitore a Montreuil lo scorso dicembre, una bellissima versione di Ubu Roi di Aldred Jarry e Massin, illustrata da Serge Bloch (Calligram) che è presente anche con Le collectionneur (Bayard Jeunesse), storia di un collezionista maniacale che nella sua vita raccoglie e colleziona di tutto, finché non si rende conto che gli oggetti occupano la sua esistenza, ma non sono tutto.

Tra le novità, Les racontars de minuit (ed. Thierry Magnier), illustrato da Claire de Gastold (i cui originali erano in mostra a Parigi a dicembre), Mon boa Bob, un altro album illustrato da Serge Bloch (Sarbacane), che qui mi ricorda molto Tomi Ungerer di Victor, e poi Emile et Knack au restaurant di Thomas Baas (Actes Sud) un divertente libro-percorso zeppo di dettagli da cercare.

Anche nella sezione scientifica trovo due libri pop-up belli: Histoires de squelettes, un libro documentario sugli scheletri che avevo già visto a Montreuil, realizzato dal fotografo Jean-Baptiste de Panafieu (Gallimard Jeunesse), e uno sull’origine dell’universo: Big Bang Pop di Philippe Ug (Grandes Personnes).

Anthony Browne

I miei coups de coeur sono:
Dans la forêt profonde di Anthony Browne (che curiosamente non ha disegnato scimmie!) edito da Kaléidoscope; Marie et les choses de la vie, di Tin Mortier illustrato di Kaatjie Vermeire (Seuil Jeunesse) e Le piano di Marion Duval (Didier Jeunesse).

In giro ritrovo anche un paio di libri che mi erano piaciuti e che erano spariti prima che potessi comprarli, qualche anno fa: Mamangue e Papaye di Lydia Gaudin Chakrabarty (Editions Chandeigne), raccolti insieme in un’edizione unica, e Léon l’étron, del fumettista Killoffer, divertente storia di una cacca alla quale nessuno vuole bene, pubblicata nella collana Tête-de-lard di Thierry Magnier.

Che altro?
C’è anche un lungo tavolo di fumetti dove, prima che si affolli di bambini, trovo la nuova raccolta di Ariol di Guibert e Boutavant, il mio fumetto per bambini preferito, e anche la raccolta dei due volumi di Les Passemurailles di Cornette e Oiry di cui in Italia avevo letto solo il primo volume (Gli Attraversamuri, Black Velvet, ma il secondo non è mai uscito credo).
Quando arrivo alla cassa ho una bella pila di libri da pagare.
Per fortuna accettano la carta di credito.

Nel pomeriggio c’è la premiazione. I libri in selezione sono cinque, tra i quali il mio Monstres et légèndes.
Sono abbastanza convinto che vincerà La rue que ne se traverse pas, di Henri Meunier e Régis Lejonc (Notari), ma a un certo punto quando l’intera giuria di bambini viene a farsi dedicare il mio libro dei mostri ho quasi il dubbio di aver vinto io. Risulterà invece vincitore La chanson de Richard Strauss di Marcus Malte illustrato dalla giovane e bravissima Alexandra Huard (Sarbacane).

Sabato sera sono a cena da Yannick Robert, in arte Bob, e sua moglie Natascha. Bob è l’illustratore di una mia serie a fumetti, Adam (et Eve) uscita prima su L’Echo des Savanes e che a breve tornerà, su Fluide Glacial. Dopo aver cominciato a lavorare insieme, complice il Festival che mi porta a Toulouse ogni anno, siamo diventati amici per cui ogni anno ci ritroviamo a cena, con Nat e i bambini. Bob è anche autore di un fumetto divertentissimo che vede per protagonista un papà separato alle prese con il figlio che cresce. Il papà è al suo secondo volume, Le père contre-attaque, è appena uscito (Editions Vraoum!) ed divertente come il primo.

E’ domenica. Il profumo delle crêpes del bar aleggia sui tavoli mentre il pubblico dei mattinieri si aggira tra i tavoli. Come sabato, il grosso dei visitatori arriva al pomeriggio.
All’ora di pranzo ho appuntamento con una compagnia di teatro che ha già realizzato uno spettacolo da un mio libro (L’Ennemi, Sarbacane) e con la quale sto lavorando per portare in scena il testo di un libro in uscita quest’anno. Le compagnie che ho contattato sono diverse, mentre un’agente si occuperà di vendere i diritti per il cinema, perché voglio farne anche un film.

Incontro poi le responsabili di una mediateca della regione che ospiterà una mostra, di cui sono curatore, in occasione del salone di Lectoure dove sono invitato a giugno. Come invité à l’honneur ho il diritto di scegliere gli altri invitati. Mi fanno notare che ho scelto solo ragazze, ed è vero!
Ci sono due illustratrici francesi, una giapponese e un’italiana, ovvero: Hèlène Rajcak (Petites et grandes histoires des animaux disparus, Actes Sud), Audrey Calleja (Adèle mortadelle, Atelier du poisson soluble), Chiaki Miyamoto (Petit fantôme, Gallimard Jeunesse) e infine Claudia Palmarucci (I musicanti di Brema, Orecchio Acerbo), che ho scelto per la mostra.
Le tavole di Claudia andranno poi a Parigi per un’altra mostra, collettiva, che sto curando per una galleria d’arte. Ma di questa riparlerò più avanti.

Il Festival è finito. Ho già messo via le mie cose e mi preparo ad andarmene quando passa Roselyne, la libraia, a salutarmi.
Ormai c’è rimasta una sola persona che si attarda tra i tavoli. Quando dico a Roselyne che ho firmato novantanove dediche, parte all’attacco.
Prima di lasciarmi andare piazzerà all’ultima visitatrice tre miei libri. «Chiudere a novantanove, ma ti pare possibile? Dovevo fare cifra tonda!» mi dirà poi.
Il tempo di fare un giro per salutare tutti e sono in macchina.
Fuori pioviggina e al Festival i bénévoles sono già all’opera per smontare tutto.

foto di Davide Calì

editorialista
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