Dieci (nuovi) classici fenotipi da sala cinematografica

Dopo il primo capitolo riservato alla saga dei fenotipi, e dopo aver raccolto nuovi e partecipati spunti in merito alla questione, facciamo luce su dieci nuovi fenotipi da sala cinematografica.

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1. QUELLO CHE PIANGE

Quello che piange è in genere quella che piange. È emotivamente instabile, da sempre e per sempre, e da quando è stato/a mollato/a lo è ancora di più. Si fa del male da qualche mese scegliendo solo commedie d’amore a lietissimo fine, commedie in cui lui è figo e ti ama e ti sposa e affronta un sacco di casini solo per stare con te che sei carina ma nemmeno troppo e quindi se ce la fa lei che non è manco ‘sta figa ce la posso fare pure io perché la speranza è l’ultima a morire però ora piango perché sono più cessa anche di quella là. In alternativa, si palesa davanti a storie familiari struggenti, malattie incurabili, tresche fra cognati e film ambientati durante la Seconda Guerra Mondiale.
Compra pacchi di fazzoletti formato famiglia al discount, va al cinema il venerdì sera e sceglie come accompagnatrici zitelle molto tristi e molto mollate.
Se piange dopo i 50 va al cinema il sabato pomeriggio, è sposata e in genere in menopausa.
Se vi si siede di fianco, attacca bottone una volta su due dicendo cose come: «È una storia bellissima, non trova?»; «Certi amori durano per sempre»; «Ad avercele certe fortune». In linea di massima, comunque, riesce a piangere anche se il film è d’azione, di fantascienza, fantasy.
Non riesce a soffiarsi il naso senza far casino e quando non può pulirsi tira su in maniera rumorosa creando correnti d’aria dal dubbio fascino. Ricorda ancora il saluto ante mortem di Bruce Willis a Liv Tyler in Armageddon come una delle scene più toccanti della filmografia di tutti i secoli dei secoli.[/wpcol_1half] [wpcol_1half_end id=”” class=”” style=””]

2. QUELLO CHE ARRIVA TARDI

Quello che arriva tardi ha al 99% il posto al centro della sala, il posto più scomodo che la biglietteria elettronica abbia mai assegnato: un vero scherzo del destino. Arriva con un ritardo che va dai 5 ai 25 minuti e costringe almeno 36 persone a spostarsi per raggiungere il suo posto. Tutti quelli dietro lo odiano, tutti quelli al centro lo odiano, tutti quelli davanti pensano che qualcuno dietro lo sia odiando ma ‘sti cavoli, non li riguarda. Perde parti fondanti del film e per questo vi chiede per un’ora abbondante informazioni riguardo i personaggi e i fatti. Ha deciso di venire al cinema all’ultimo, si è svegliato all’ultimo o (probabilmente) non avendo particolari velleità ha scelto il vostro film perché gli altri erano iniziati da più di 55 minuti. Non controlla l’orario, non controlla la trama, sbaglia il titolo del film quando chiede i biglietti in biglietteria. Odiatelo, profondamente, odiatelo.

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3. QUELLO CHE GUARDA I FILM SOLO IN LINGUA ORIGINALE

Quello che guarda i film solo in lingua originale è un fenotipo che si sta facendo, negli ultimi anni, decisamente comune. È strutturalmente adatto solo alle sale ricercate, alle cineteche o al massimo ai cineforum a tema politico da centro sociale. È inevitabilmente tendente a sinistra, ricorda con amarezza Berlinguer, dice che ormai nessuno ci rappresenta ma dobbiamo lavorare per un’alternativa e nell’abbigliamento può subire una variazione notevole: può assumere i caratteri dello snob finto trasandato che dentro nasconde un irreprensibile animo da fighetto o del fricchettone che si è liberato da questi stupidi pregiudizi borghesi.
Pensa che i film in italiano non abbiamo senso, che i film in qualsiasi lingua che non sia l’originale non abbiano senso, che i doppiatori italiani siano mediocri e ti ripete che in Italia hanno ‘sto vizio di tradurre male persino i titoli dei film.
Ultimamente si sta facendo contrario anche ai sottotitoli perché distraggono dalla sonorità originale e distolgono l’attenzione dal senso dell’opera. In realtà, nella maggior parte dei casi conosce quattro parole in croce d’inglese e torna a casa con solo il 40% del contenuto filmografico: quello che ha carpito dalle immagini.
Va al cinema da solo o vi ci trascina, ha una passione per il cinema d’autore (ma non d’autore sputtanato) e, casualmente, per i film muti degli anni Venti.[/wpcol_1half] [wpcol_1half_end id=”” class=”” style=””]

4. QUELLO CHE DORME

Quello che dorme è un fenotipo comunissimo. Spavaldo, ogni volta ci riprova. Convinto, ogni volta accetta. E invece no, farebbe meglio a spendere quei soldi alla SNAI: il cinema non è cosa per lui.
Per uno strano caso della vita e per un senso di masochismo dilagante, sceglie gli spettacoli serali – i più ostici per la sua categoria. Si siede, si prepara, si accuccia caldo nel cappotto che gli incornicia il busto sul sedile, si sgranchisce le gambe e parte. Tenta (non voglio dire che non tenti) ma dura poco, pochissimo. Titoli d’apertura eeeeeeeeeeeee… sbam. Lui è già lì bello che crollato, morto, stecchito, colpito, affondato, atterrato, freddato, steso.
Vi chiedete com’è possibile, ogni santa volta ve lo chiedete. Eppure è possibile. Se stesse in silenzio e per conto suo a nessuno fregherebbe nulla; ma russa, russa più di tutti i russi assonnati sulle montagne russe più russe del mondo dopo un’indigestione d’insalata russa. E si muove, girandosi, appoggiandosi sul vostro braccio, sul cappotto. Ha la bocca aperta e rivoli di liquami non identificati gli accarezzano le labbra, ha l’alito dubbio ed incipollato. Quello che dorme vi distrae ed ammorba. Si sveglia durante le scene di massima tensione (con l’aumento di volume della nona di Beethoven) e dice cose tipo: “E sì, cos’è, eh, sì, sono sveglio”. Poi torna, rapito, al suo mondo fatato. Lo maledicete, lo detestate ma – se vi capita accanto – ve lo dovete tenere.[/wpcol_1half_end] [wpcol_1half id=”” class=”” style=””]

5. QUELLO CHE PUOI CHIAMARLO TEENAGER

Quello che puoi chiamarlo teenager, colloquialmente definito il teenager, ha (ovviamente) un’età compresa tra i 13 e i 19 anni. È più grande di un bambino e meno grande di un adulto ma, nonostante la sua condizione di ibrido naturale, ha doppi poteri di rottura scatole. Condensa magicamente al suo interno gran parte dei fenotipi sino ad ora incontrati creando una sintesi letale in grado di mettere in crisi ogni sala cinematografica. Sceglie l’ultima fila o la prima fila (nel caso in cui voglia allungare le gambe e togliersi le scarpe). Lo trovate a vedere i film d’azione, il sesto capitolo di Fast & Furios, le commedie alla Scary Movie, Adam Sandler o (negli ultimi tempi più di frequente) le pellicole con tipe che assomigliano a Megan Fox.
Parla, parla tantissimo. Mangia, mangia tantissimo. Ride, ride tantissimo. Si svacca, si svacca tantissimo. Fa l’applauso. Si imbarazza davanti alle scene di sesso ma è con gli amici e non può farsi sgamare; butta un fischio per depistarli. Tira pop corn o pomicia. Scrive sms ma ha difficoltà con l’italiano. Ti chiama signora se hai più di vent’anni. Ha il debito in matematica. Conosce Corona. Ma non conosce Pirandello.
Prima di vedere il film ha fatto un giro per il centro commerciale. È insopportabile ma non è una cattiva persona: dategli tempo, ha solo bisogno di crescere. Si spera.

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6. QUELLO CHE PERDE LA SCENA PRINCIPALE PERCHÉ É IN BAGNO

Quello che perde la scena principale perché è in bagno è un fenotipo di largo respiro. Tendenzialmente sfigato, al cinema e nella vita, è arrivato in sala senza poter andare al cesso. Non era colpa sua ma della figlia/moglie/fidanzata che s’è preparata all’ultimo, di chi gli aveva finito la benzina, della gomma forata, dell’attacco di colite del nonno, del capo che l’ha tenuto in ufficio fino all’ultimo.
In sala arriva giusto giusto e si posiziona convinto che, alla prima pausa utile, uscirà sgattaiolando per porre fine alla sua agonia da bisogno fisiologico.
Quasi sempre gli hanno dato un posto scomodissimo per cui impiega almeno 4 minuti ad uscire e 4 minuti e 17 a rientrare (al ritorno c’è sempre più caos). Quando va al bagno trova una fila della miseria ma aspetta perché non la può più tenere: è convinto che l’intervallo duri quello che deve durare e che non ci saranno problemi. E invece no: l’intervallo l’hanno abbreviato, anzi dimezzato, anzi (proprio quel giorno e solo per lui) eliminato per sempre. Torna correndo, convinto che comunque avrà il tempo di sedersi. E invece ciccia; in quell’arco di tempo sono accaduti (a seconda dei casi) più avvenimenti di notevole importanza: il protagonista è stato ucciso, il protagonista è partito, il protagonista è diventato gay, il protagonista è diventato etero, la coppia dell’anno si è lasciata, l’antagonista è diventato buono, il figlio di A. è diventato un uomo, la figlia di B. una poco di buono, la signora del piano di sotto in realtà è un signore. Da quel momento in poi quello che perde la scena principale perché è in bagno non capisce più assolutamente nulla.
Si rattrista ma non si abbatte, è abituato alla sfiga: gli succede più o meno la stessa cosa con la partita. In genere condensa in ottantotto minuti di concentrazione pura l’entusiasmo d’attesa di una settimana. Sette sfigatissimi giorni spesi aspettando quello che, a tempo debito, si dimostra essere un insulso 0 a 0 senza guizzi. Deluso, vinto, battuto s’alza un secondo per andare in bagno o, più di frequente, perché l’ha chiamato la moglie che lo sta ammonendo. Normale? Sì, perché torna in sala al novantesimo e la partita è finita (quando va bene) 3 a 2.[/wpcol_1half_end] [wpcol_1half id=”” class=”” style=””]

7. QUELLO CHE NON TROVA IL POSTO E POI LO SBAGLIA

Quello che non trova il posto e poi lo sbaglia ci è nato, non è colpa sua.
Da quando la rivoluzione del cinema contemporaneo ha modernizzato gli spazi, abbassato il livello medio di sopportazione e fatto crollare ogni tipo di sicurezza postmoderna, le sale hanno subito alcune modifiche dal punto di vista architettonico. Si sono ingrandite ed hanno portato l’uomo comune a doversi ingegnare per facilitare il reperimento veloce d’un posto a sedere. Per la platea si è pensato di buttare giù un sistema d’assi cartesiani basico, con numeri e lettere: un gioco da ragazzi piuttosto elementare. Ma non per tutti. Quello che non trova il posto e poi lo sbaglia ha ancora difficoltà ad entrare in sala, ha difficoltà con gli incastri: se trova il numero non trova la lettera, se trova la lettera non trova il numero, se trova la fila il suo posto è (al 90%) dalla parte opposta rispetto al numero che gli tocca e ci arriva facendo alzare tutti quelli che incontra lungo il suo cammino.
Non ci vede mai col buio, per disperazione si rassegna e, quasi sempre, si piazza dove capita e dove gli conviene. Solitamente gli conviene piazzarsi al vostro posto. Solitamente non è da solo. Solitamente neanche voi siete da soli. Il risultato è che voi arrivate un po’ dopo, lo costringete a spostarsi, lui si altera e voi siete i puntigliosi. Nel frattempo inizia il film. Avete la fila centrale e date le manovre di spostamento la fila centrale si affolla e si stagliano ritte dieci sagome distinte. La gente dietro s’innervosisce. Voi pure. Voi infamate lui. Ma quelli dietro, quasi sicuramente, infamano voi.[/wpcol_1half] [wpcol_1half_end id=”” class=”” style=””]

8. QUELLO CHE È POCO TOLLERANTE

Terrore di ogni frequentatore di sala cinematografica e nemico primo dei logorroici e degli insicuri, quello che è poco tollerante è tra i clienti scomodi della Penisola. Va al cinema con costanza ma ogni volta si pente perché in Italia la gente è incivile. Rispetta la numerazione, la fila, le tempistiche. È sempre abbastanza in anticipo e mai in ritardo. È ordinato e non invade gli spazi altrui. Meraviglioso, penserete, non è vero? Certo, se avesse un grado di tolleranza un tantino vicino alla media nazionale. Se avete dimenticato di togliere la vibrazione vi fulmina all’istante e commenta col vicino ad alta voce. Se dite una parola vi riprende: «Scusi, la può smettere, qui c’è gente che ha pagato per il film». Se lasciate un pezzo minuscolo di pizza sulla moquette vi fa sentire incivili e paragona la vostra casa ad un porcile. Se date un bacio alla fidanzata dentro si arrovella e sul volto palesa disgusto: lui è castissimo, purissimo, levissimo e voi potreste prendere una camera. Se invadete di 1 cm i suoi spazi sposta tutto quello che vi appartiene dandovi ad intendere che nessuno vi ha insegnato come si sta al mondo. Se parla conferma i vostri sospetti, se sta zitto col solo sguardo condiziona l’intero ecosistema-cinema con i suoi terribili pensieri, con considerazioni inenarrabili mai palesemente espresse in grado di farvi sentire esseri inetti e squallidi, abbietti. Le vostre abitudini in sala cinematografica rispecchiano, per lui, la vostra inadempienza quotidiana. Fuori lo odiate ma dentro pensate sia meglio di voi. Ok, forse lo è: è vestito meglio, parla meglio e sta con gente che pare meglio.
Ma ‘sti cavoli: è triste, triste per davvero.[/wpcol_1half_end] [wpcol_1half id=”” class=”” style=””]

9. QUELLO TIRCHIO CHE SFRUTTA L’OFFERTA

Quello tirchio che sfrutta l’offerta ha un sola priorità: il risparmio. Lo vedete al cinema perché quel giorno costa meno. Perché quel giorno gli amici del club Fidoamicofedelissimomifidodite hanno la riduzione. Perché la volta prima gli hanno dato un tagliando con scritto Torna presto e lui ha pensato che l’aspettassero davvero con una certa impazienza. Non lo vedete mai al bar: lui mangia e beve prima e arriva preparatissimo.
Lo trovate al cinema durante la prima parte della settimana: il week end è assolutamente off-limits – non è prevista alcuna riduzione – e si giustifica dando la colpa all’affluenza della domenica. Possiede un numero non ben identificato di tessere di varia natura e fattura che lo legano, inequivocabilmente, al mondo dei supermercati, alle videoteche, ai circoli amatoriali e ai punti del Dixan. Ha ancora il badge universitario e pure a vederlo gli avreste dato 56 anni.
A casa è quello che spera ancora che il telefono fisso si animi durante il gioco di Magalli, quello che ritaglia i buoni offerta dal catalogo di Acqua e Sapone e che li colleziona dividendoli per forma e consistenza. È quello che vi propone di prendere un caffè e poi temporeggia sapientemente aspettando che siate voi a pagare. Del film non gli importa nulla e piazza il primo appuntamento al martedì perché: «Lì il martedì ci lavora un amico mio che ci fa lo sconto».[/wpcol_1half] [wpcol_1half_end id=”” class=”” style=””]

10. QUELLO NORMALE

Quello normale vuole solo andare al cinema. Vuole godersi un film dopo aver visto un trailer perché gli pare un buon film. Ha un’età qualsiasi, abita in un posto più o meno qualsiasi. Sceglie l’orario del film in base a quello che ha da fare. Va al cinema con gli amici o la fidanzata. Guarda un po’ di tutto, va in sala con una frequenza regolare, non mangia troppo, non sporca troppo, si fa i fatti suoi.
Sceglie il posto senza far casino, guarda il film e se lo commenta in macchina mentre torna a casa. Se lo spettacolo è alle 22:30 o si mangia una pizza prima o si mangia un panino dopo. Se gli va prende una coca o una pepsi: più o meno è uguale anche se un po’ preferisce la coca. Toglie la suoneria al cellulare. Va al bagno prima di entrare in sala. Non parla troppo e se parli troppo un po’ s’innervosisce ma per educazione non ti dice niente.
Va indipendentemente in multisala e nel cinemino di città ma, si sa, il cinemino di città ha un’altra atmosfera. Se ha la fidanzata la passa a prendere lui in macchina prima di andare, le paga il biglietto e la riaccompagna a casa accendendosi una sigaretta a finestrino abbassato, quando lei ha chiuso il portone, mentre ascolta Black Hole Sun. La tipa non vuole che fumi. Non sa ancora che dovrà rassegnarsi. E che, soprattutto, già tra un mesetto il biglietto dovrà pagarselo da sola.[/wpcol_1half_end]

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