Issues | Mirage

Prendi una foto qualsiasi dei tuoi genitori datata anni ’70 e le probabilità che abbiano più stile loro – in dolcevita, pantaloni a zampa, aviator, basettoni (quelli valgono solo per il papà, ovviamente) – rispetto ad ogni tentativo di imitazione che negli anni, sull’onda di revival cinematografici o televisivi, hai velleitariamente sperimentato su te stesso, è altissima. Puoi metterti addosso capi vintage originali, usare pellicole scadute, effetti photoshop o più banalmente instagram ma ci sarà sempre qualcosa, anche soltanto un particolare che stona: il trucco, i capelli, le sopracciglia troppo o troppo poco depilate, il setting, il peso (i canoni estetici cambiano) o più semplicemente lo sguardo. Nel ricostruire ad arte – nell’imitazione – ci sarà sempre una scintilla di furbo cinismo, di consapevolezza. E nessuno stylist, nessun filtro fotografico potranno aggiungere all’immagine quell’innocenza, quello stupore di chi vive nel (e non come nel) suo tempo.
Questo non significa che non si possano ambientare nel passato film, serie tv, lookbook o editoriali fotografici: chi ne fruisce sa bene di trovarsi di fronte ad una citazione, ad un “come nel”: si attiva quel meraviglioso meccanismo che è la sospensione dell’incredulità (quella che usi quando leggi una fiaba o un fumetto, guardi un film di fantascienza o un episodio della Signora in Giallo) ed entri nel mondo costruito ad arte per te dallo scrittore, dal regista o dallo sceneggiatore.
Se però nel cinema ed in tv la storia e la colonna sonora recitano una parte fondamentale nell’inganno collettivo del quale volontariamente scegli di cadere vittima, raramente la sola fotografia (in special modo quella di moda, ossessionata dal passato) riesce a far funzionare bene il tranello temporale. E ti trovi di fronte a decine di servizi che riescono sì ad evocare un’epoca ed un’atmosfera (con un’efficacia direttamente proporzionale alla bravura del fotografo e di tutta la squadra al lavoro su una pubblicità o un editoriale) ma quasi sempre soltanto superficialmente.

Che è poi il problema di una rivista come Mirage, ispirata all’estetica anni ’60/70 o più che altro costruita per sembrare anni ’60/70.
Tanto di cappello a servizi, editoriali, contenuti (ma quel Giugaro al posto di Giugiaro nell’ultimo numero…) ma l’accostare materiale originale dell’epoca a remake “come nel” contemporanei è come se accendesse un riflettore su quella finzione che seppur consapevole non aggiunge niente alla tua esperienza di lettore: semplicemente se ne sta lì, tra le pagine, a ricordarti che il fascino delle foto d’epoca sta proprio in quel vettore – che ha un verso solo – che è il tempo.

co-fondatore e direttore
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