Make-Up School Time, Max Factor e Rajan Tolomei

Il mio doveroso e precario rito del trucco al mattino non rispetta leggi di buon gusto né tutorial, ma segue l’estro e la stagione, le ore di sonno all’attivo (o sarebbe più giusto dire al passivo?), gli umori del momento e il programma della giornata che mi aspetta (eh già, sono cronicamente in ritardo).
Nonostante la doviziosa premessa, il mio maquillage risulta pressappoco sempre uguale, uno smoky – eyes spinto, affaticato e macchiaiolo, ma che comunque rassicura me più che gli altri e completa adeguatamente la mia divisa quotidiana, l’appropriata impeccabile maschera di una giornata procedurale.

Eccone la base:
Approssimativamente trasformo lo sguardo lacrimoso di sbadigli coi pennelli intrisi di polvere livida e camuffo il colorito delle gote segnate dal cuscino arrossandole di acqua gelata a piene mani; mi strappo così definitivamente al sonno e alle coperte, mentre i lampi di un’emicrania potenziale si affacciano fiduciosi di guadagnare terreno alla ragione.
Il vantaggio dell’acqua fredda all’improvviso sta proprio nel fatto che livella d’un colpo la superficie della pelle affinandone la trama, rendendola tutta una “coup erotica” uniforme smorfia di dolore.
Circolazione normale riattivata e, con essa, garantita anche la trasmissione degli input motivazionali da cellula a cellula.

Ed eccone il pezzo forte, la chiave di volta di un’architettura che con conosce cedimenti:
Gli occhi, alla luce e allo specchio semichiusi, vacui e abbietti come quelli di un pollo, sotto alle pennellate insipienti si fissano in una macchia liquida cangiante di gocce vaganti di mercurio, pesciolini d’argento in fuga nel battiscopa discontinuo di una stanza in affitto in una casa universitaria del centro.

E per finire… giustamente, il finishing:
Le note nevralgiche e terminali di questo trucco, in sintonia propriamente con la nevralgia incipiente e con la nevrastenia dell’agenda dimenticata in ufficio (… a che ora era il primo appuntamento?!?!) stanno negli accenti: una sforbiciata aerea di eye liner “tear-proof” ai lati esterni dell’occhio sopra e sotto come espressione contemporanea e meno impegnativa di Gotico Flamboyant, praticamente due codine di baccalà per riportare artificiosamente verso l’alto i margini di uno sguardo un po’ fosco e una spennellata dinamica di rosa aranciato per fare le gotine a batuffolo, tonalità complementare ai colori aziendali e comunque universalmente tollerata.

E poi c’è lui, Rajan Tolomei, il maestro della mano invisibile (no no non pensate ad Adam Smith, qui la mano è invisibile perché Rajan ad arte ti dà mani e mani di colore in viso ma delle quali poi magicamente non si riescono ad individuar più gli strati), che ti mostra la luce in fondo al tunnel del quotidiano, quel quotidiano che fa rima con ordinario e conformità, ma non con conformismo (astraetevi sussù).

Non piacciono a Rajan le grafiche virgoline di eye-liner, primo indice di trucco attempato e di look gessato (no, non volevo dire ingessato), così come non gli piace l’idea di un trucco a prescindere, che sia valido cioè o di scarso appeal indeformabilmente e in senso assoluto, perché si può essere “jeans&maglietta attitude” anche in tailleur, così come si può apparire in tuta sebbene in tailleur, così come pure si può avere credibilità pur in panta pigiama fiorato pastello stropicciato e teddy-amico cucito alla patta sul retro.
Alla sua prima lezione di primavera non sarei certo mancata, anche se ci ha fatto tutte struccare (io che struccata non butto nemmeno l’immondizia… dopotutto, anche Johnny Depp avrà dei vicini di casa, e potrebbe anche lui aver bisogno di buttare l’immondizia, no?!) ma è stato divertente raccogliere la sfida, anche perché le luci erano, devo ammetterlo, cavalieristicamente soft e clementi. Io personalmente tra l’altro, anche nel bagno di casa preferisco la luce fioca e soffusamente distribuita, perché così riesco ad avere la prospettiva dei piani di sovrapposizione dei diversi prodotti e ad avere idea del chiaroscuro senza correre il rischio di uscire mascherata alla luce del sole.

Comunque, il trucco di oggi si lavora con energici movimenti di polso e mi appare subito sensibilmente materico, morbido e dalle infinite potenzialità, volto a proiettare il proprio sguardo verso l’alto piuttosto che verso le tempie con degli artificiosi punti di fuga per allungare l’occhio.
Ecco, mi piace soprattutto che stavolta all’occhio si voglia ridare la sua dignità di rotondità.

Azzarderei persino una allusione al languore ruggente e drammatico di una Dalia Nera, ma devo anche ammettere che, sebbene gli step suggeriti sono gli stessi per tutte, il risultato guardandoci l’una con l’altra è estremamente differente e sorprendente. Uno scherzo di Rajan per dimostrarci forse che, in base all’uso che se ne fa, le stesse polveri per gli occhi e per il viso sono una materia così malleabile da esaltare (o affliggere) in maniera personalissima tipi di viso con caratteristiche morfologiche davvero agli antipodi?
Non so, di certo me ne torno a casa con nuove curiosità sull’affascinantissima e poetica materia del make-up e con un frullino di idee per combinare in maniera diversa e anche giocosa rossetti, ombretti e blush.

Tra i prodotti Max Factor provati oggi, il mio preferito è, proprio tra gli ombretti, il mono 108 Inca Bronze, che ha come primario punto di forza quello di cambiare in maniera dinamica la tonalità dell’altra polvere alla quale lo si accosta e, grazie alla sua consistenza, soprattutto quello di evitare che si formi l’antiestetica piega di residuo effetto post – pennichella sulla palpebra mobile.
Ai siffatti occhi ho abbinato un blush (Flawless Perfection Blush N.215 Sable), potenziato con artistiche ditate apparentemente casuali di rossetto in più vivida nuance, testando così anche la trasversalità del nuovo rossetto Flipstick Colour Effect, uno stick duo che ha da un lato una tonalità densa e opaca e dall’altro, un colore iridescente per movimentarne l’effetto, e personalizzare così il colore delle labbra pur senza l’arsenale di un truccatore professionista.
Il mio preferito è il N.30 Gipsy Red, che applicato morbidamente e generosamente, mi ha subito regalato delle ironiche e luminosissime labbra del color del pesce rosso.
Premesso che questo effetto non mi dispiace affatto, e che per i pesci rossi nutro un trasporto particolare, il risultato è capitato perché istintivamente ho amalgamato i due colori strofinando labbro contro labbro, ma Rajan dice che non si deve fare.
Infatti questo particolare rossetto duo esprime parte delle sue potenzialità proprio se si lasciano assoluti i due colori che lo compongono, senza confonderli.

Chissà quanto si diverte Rajan nel suo lavoro ad osservare la gestualità istintiva delle donne nel truccarsi e nel vedere le loro smorfie scimmiesche mentre si rimirano compiaciute allo specchio.
Ah giusto, sono anch’io una donna.

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