7am | Alessandro Bonaccorsi

7 opere e 7 domande, alle 7 di mattina, ad illustratori che si svegliano presto o non sono ancora andati a dormire.
Oggi è la volta di Alessandro Bonaccorsi (qui il suo blog).

Ciao Alessandro, di dove sei, quanti anni hai e da quanto fai l’illustratore?
Sono toscano, ma negli ultimi anni sono stato anche romano e adesso romagnolo.
Illustratore professionista lo sono da circa quattro anni, dopo averlo fatto in modo alternato e poco convinto per una decina di anni.

Matita o penna grafica?
Mi piace molto mescolare il digitale con l’artigianale, gli acrilici con photoshop, i collage, Illustrator, la penna biro, i pastelli. Ultimamente mi piace la tavoletta grafica e la uso alla ricerca del segno, di forme immediate.
Cerco di trovare un mio equilibrio espressivo per cui non è importante il mezzo ma il risultato, ovvero l’idea.

Cosa fai quando non disegni?
Faccio l’art director e il graphic designer, cercando in ogni modo di mettere l’illustrazione e l’hand lettering all’interno dei miei progetti. Poi scrivo (ad esempio le storie del Ginoperso).
Passeggio, guardando spesso in alto: il cielo, gli uccellini, gli alberi, i comignoli. Osservo e ascolto ciò che mi sta attorno, sopra e sotto.
E poi vivo: ci sono così tante cose da fare oltre al lavoro, da vedere e da condividere.

Cosa c’è sulla tua scrivania?
Il mio Imac, posato sull’elenco telefonico di Roma per tenerlo più in alto, fogli sparsi, blocchi e quaderni pieni di progetti da realizzare, uno scanner, un’elefante; ho un’altra scrivania per dipingere e disegnare e un pannello al muro dove appendo idee e schizzi per non dimenticarli. Davanti alla mia finestra c’è il sagrato di una chiesa protocristiana con il suo campanile cilindrico e le tombole in parrocchia.
Il problema sono i cassetti (della mente), dove ripongo continuamente, in ordine sparso, immagini, progetti, idee e che, ogni tanto per sanità mentale, devo svuotare.

Un disegno pesa quanto…
Alle volte è leggerissimo, altre volte è pesantissimo, frustrante e faticosissimo.
Ricerco la levità, la leggerezza, ma la mia mano è ancora troppo pesante e lo scuro vince spesso sull’ironia.

Un libro di cui vorresti illustrare la copertina e un film di cui vorresti fare il poster.
Il libro, assolutamente “La vita agra” di Bianciardi, uno qualsiasi di Kafka o Borges, le poesie di Giudici e i libri di Bruno Vespa (ma se fossero editi da Stampa Alternativa o da Canicola….).
FIlm, tanti, ma fra tutti: un film di Kim Ki Duk, tipo “Ferro 3” (per la rarefazione e l’essenzialità che sarebbe necessaria), “Il corridoio della paura” di Fuller, un Nosferatu e qualche film italiano di quelli importanti (ad esempio Umberto D., In nome del popolo italiano, Indagine su di un cittadino).

Un illustratore o un’illustratrice italiana che mi consiglieresti?
Amo: Mattotti, De Conno, Scarabottolo, Shout e Ricci e tra i nuovi mi affascina decisamente Simone Rea.
Però trovo molta più gratificazione e più varietà nel guardare gli illustratori del resto del mondo: in Italia siamo spesso troppo ombelicali, limitati da un mercato ristretto e da alcuni stili illustrativi preponderanti sugli altri.
Per cui consiglio:
Gerard DuboisChristian MontenegroTatsuro KiuchiPablo Auladell e due classici, di quelli che l’illustrazione l’hanno cambiata per sempre: il dimenticato Topor e il monumentale Brad Holland.

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