Mich Dulce | FW2012/13

Un tuffo nella settecentesca decadenza di spose bambine e regine che vorrebbero sfamare il suo popolo con le brioches, feste in maschera e ricevimenti a palazzo, commodoro che giocano a battaglia navale e duelli all’alba: un mondo di leggerissima spensieratezza, disegnato a pizzi e merletti e depurato dei sottotesti storici, politici e sociali fondamentali solo per chi dall’infanzia è riuscito ad uscirne; un mondo che prima o poi nella vita hai sognato (senza per forza auto-convincerti di essere una principessa: quelli sono traumi che – complici mamme, papà e nonni fanatici e indulgenti – non supererai mai e se ora ti ritrovi a fare la fashion blogger condannata ad una vita di autoscatti, dialoghi tra amiche liberamente tratti da una puntata qualsiasi di Sex and the City, po’ confusi con e gli che si trasformano in li, interviste vuote, silenzi/assensi, espressioni facciali che vorrebbero ostentare sicurezza ma trasudano terrore, catoptromania che pian piano degenera in catoptrofobia: cose delle quali è buono e giusto fare penitenza con il cilicio).

Come i modelli da seguire, bisogna sceglierseli bene i sogni, senza confondere la femminilità – che è un lusso e non un dato di fatto – con la faciloneria: giocare ad essere superficiali e frivole come bambine può essere divertente se lo fai per sottrazione, spogliandoti delle convenzioni sociali ed anagrafiche e vestendoti di libertà e fantasie. Ma senza dimenticare la matematica. Ché per sottrarre, se vuoi rimanere nel campo dei risultati positivi o puntare al misterioso e neutro zero (che è il nulla in potenza di tutto, metafora dell’infanzia), bisogna comunque partire da qualcosa e quel qualcosa coincidere esattamente con te stessa (non con quello che vorresti essere, ché se togli 100 a un 10 che pensavi fosse 1000 ti ridicolizzerai con un -90).

La nuova, sognante (a tal punto da richiedere pure un modello maschile, a interpretare quei momenti in cui ti trovi a fare il capitano, il re o il filibustiere), smaccatamente e volontariamente superficiale collezione della cappellaia filippina Mich Dulce, dal titolo In dreams you are, quindi non è per tutti. Che per portare cappelli come questi – ricordi la matematica? – la somma da cui partire dev’essere paurosamente alta.

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