Marni @ H&M | Are you experienced?

Farò finta di non accorgermi che oggi, 8 marzo, giornata in cui H&M ha aperto al pubblico festante i cancelli della sua Marni Experience, sia la Giornata Internazionale della Donna. Fingerò di non pensare ad una volontà adulatrice che unisca marketing ed evento. Ma se questo posso farlo, mi è impossibile evitare di credere che, per sfuggire alle amarezze beghine di una celebrazione utile spesso più a polemizzare che a discutere, il tuffarmi a pesce in un laghetto di frivolezze non sia il giusto rimedio.

Per questo quando la mia amica Anna Paola (frivola assai pure lei, per vocazione e per mestiere: un’occhiata qui prego? www.lechouchou.it) ieri sera mi ha convocato per le 8,30 davanti al punto vendita H&M in centro città ho risposto: perché no? In realtà, considerando che non sono proprio a mio agio con le masse (problemi dell’età e una certa suscettibilità per quanto riguarda il mio spazio vitale), non avevo mai osato nemmeno avvicinarmi ad una di queste vendite eccezionali, considerandole campo giochi per poche elette supereroine della moda piuttosto che per donne normali.
Ma non sia mai detto che rifiuti una sfida. E così mi in cambio mi si è spalancato un vero circo equestre. Strutturato e organizzato quasi meglio di un concerto di Madonna. Ingenua, mi ero fatta l’idea che si andasse darwinianamente all’arrembaggio delle collezioni speciali. Eppure anche se sotto lo sguardo vigile dei commessi/pastori, niente ha potuto impedire che l’ansia dell’acquisto competitivo divorasse gli animi. Signore di una certa età e ragazze si dice che stazionassero sotto al portico dalle 5 di mattina, e solo per poter godere del possesso di un qualche item in edizione limitata da sventolare nonchalant sotto al naso delle amiche. Credo che si tratti di una specie di morbo. No, anzi, dopo questa mattina ne sono certa. E ogni riferimento ai fashion zombie è vietato, essendomici trovata in mezzo pure io.
Non è facile uscire a testa alta da un’esperienza come questa: non ne conosco la ragione ma pare che la soddisfazione di certi desideri debba essere bilanciata da una discreta dose di masochismo. E più si dimostra abnegazione, più il valore sociale e privato del gesto sale.

Scena Prima:
Anna Paola, la più diligente tra noi, ansiosa di mettersi in testa il cappello firmato Marni per H&M, diligente e puntuale alle 8,30, autonominatasi vittima sacrificale anche per me e Chiara (la terza compagna, abile confezionatrice di abiti ed esperta di tessuti, taglio e cucito, meglio conosciuta come Pommes de Claire), percorre fiera la sua via crucis tra le compagne di coda fino al raggiungimento dell’obiettivo: il braccialettino delle meraviglie. La chiave per il paradiso.
Distribuiti in ordine di arrivo (leggende metropolitane mormorano che venissero consegnati già dalla prime luci dell’alba) e divisi per colore e importanza, i braccialetti avrebbero assicurato l’ingresso nel Recinto Marni del secondo piano, vigilato da una vera security in nero con tanto di auricolare. Ma aperto – e con una certa dose di crudeltà – agli sguardi invidiosi di quelle che sarebbero entrate dopo, a cui non rimane altro da fare se non assistere frustrate allo shopping incalzante delle forsennate che sciamano tra gli stendini caricandosi di bluse, vestitini, bracciali e borse.

Scena Seconda:
io arrivo placidamente da H&M in compagnia del cane e afferro la situazione, ma mi rassegno. Anche se l’energia è contagiosa. E non necessariamente positiva. “Sono ansiosa anche se sono qui da poco” dichiara la mia compagna di postazione. E dentro al Recinto è palpabile la sensazione di avere tra le mani un’occasione “adesso o mai più”. Le stesse signore e signorine di prima acchiappano manciate di roba muovendosi qua e là velocissime. Per dieci minuti. Tanto è il tempo concesso. Poi tutte fuori e sotto le altre.

Scena Terza:
finalmente alle 11,20 è il nostro momento. Ma solo ad Anna Paola, l’unica con braccialetto, azzurro, è concesso entrare. Io da fuori le avrei indicato eventualmente cosa volevo. Anche se alle 10 tutti gli accessori (i bracciali, gli orecchini, le borse!) erano già stati inghiottiti dalle felicità altrui. (E qui si accenna appena al “mistero dei cappelli”, oggetti feticcio quasi non pervenuti). In ogni modo sapevo che non sarei potuta uscire da lì senza tenere all’avambraccio, mimando la ben nota posa “post_analisi_del_sangue”, almeno una shopper verde acido di quelle realizzate apposta. Già ne avevo adocchiate un paio per strada, avvertendo sotto pelle quell’occulto senso di potere che emanavano alla sola vista. Quindi sarebbe stato necessario comprare. Una signora staziona in catatonia con un paio di leggings a pois pendenti dal braccio. Anna Paola coglie e ripone. Lola, il mio docile cane, lecca chiunque le arrivi vicino e crea un gradevole diversivo per i maschi della security. Quando improvvisamente alla mia destra le scale che portano al terzo piano cominciano ad animarsi: il turno precedente aveva finito di provarsi gli abiti razziati senza criterio e sta per riconsegnarne alcuni al Recinto, secondo le Regole. Qualcuna di noi esterne prova ad intercettarli prima che vengano recuperati dalle commesse ma è opera difficile. “Tu che taglia porti?” “40” “Allora, se mi dai quel top (per inciso, sono venuta soooolo per quello) ti passo questa borsa…” ”No, grazie, non mi interessa” “Ma allora… cosa vuoi?” “No, niente, grazie, lo voglio riportare e basta”.

Anna Paola, tenace, afferrati tre occhiali, un foulard e un paio di top, fortunosamente riesce a anche mettere le mani su una delle collane in foglie di plexi e brilli finti e me la mostra orgogliosa. Chiara/Pommes de Claire ormai è altrove, oltre, ha superato la prova. Addirittura la sorprendo mentre guarda le banali t-shirt di collezione H&M, quelle in cotone con la stampa. Fine dei dieci minuti e fuori dal Recinto. Io e Anna Paola/Le Chou Chou ci sorridiamo nervosamente. Quelle del turno successivo sorvegliano attente le riconsegne dai camerini. Compare una borsa, quella che volevo. Per un secondo mi blocco e sto per tornare indietro, devo inventarmi qualcosa per possederla. Ma la mia compare mi fa notare che probabilmente sarei stata sbranata in stile National Geographic. Certo non la prima e forse nemmeno l’ultima. Non è il caso, non per una borsa di plastica. Bisogna decidersi, si sente un certo magnetismo nell’aria. La sensazione che se te ne andrai perderai qualcosa per sempre.
Ma la fame e Lola hanno la meglio.
Ci dirigiamo verso le casse: io, grata per sempre ad Anna Paola/Le Chou Chou, carezzo con la mano il ciondolo fatto da lei che avevo indossato per propiziare la mattinata e trascino Lola, reggendo la mia nuova maglia Marni dei poveri damascata viola e oro. Può sempre essere utile no? E la collana di cui sopra. Con un packaging da paura. E la shopper verde acido. Anna Paola più triste infila nella sua borsa un paio di occhiali e una coppia di bracciali. Chiara/Pommes de Claire i vestiti se li fa da sola e sono pure meglio probabilmente, quindi recupera appunto una t-shirt di collezione ordinaria, con un fiocco che ricorda un po’ quelli che usa lei, e pure una maglia con Mostro per il suo di mostro, il fidanzato. Un pensiero inusuale in questo gineceo dell’acquisto compulsivo.

Mentre sto per pagare sorrido e faccio qualche commento ironico, il ragazzo di fronte mi risponde “Niente rispetto a quello che successe con Jimmy Choo qualche stagione fa…” Santo cielo, Jimmy Choo? Non oso immaginare. (per curiosità chiedo “E il peggio?” Anonimi pettegoli rispondono la mini collezione di Versace).

editorialista
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  1. io sono passata verso le 10.40, non avevo il braccialetto ma mi sono fermata a guardare come si osservano gli animali allo zoo. me ne sono andata scioccata.

    1. vero? nel mio caso era qualcosa che mi attraeva (sono feticista classica da limited edition) e contemporaneamente mi faceva venire voglia di scappare via… uno splendido esempio di come "l'ambiente" riesce a mettere in competizione le persone per un niente… Una cosa che per curiosità magari puoi provare una volta, giusto per dire, MAI PIU'.

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