“Per salire al cielo occorrono due ali un violino e tante cose infinite, ancora non nominate”
Così mi accoglie Chiara Scarpitti nel suo sito, così comincio a saperne qualcosa in più su di lei, che si è laureata in fashion design al Politecnico di Milano, ha seguito dei corsi presso la fondazione Roberto Capucci di Firenze, e ha partecipato a un numero infinito di mostre collettive, tra cui citiamo la Venice Design Week, l’esposizione “Gioiello italiano contemporaneo” presso il Castello Sforzesco ed altre ancora organizzate da FieramilanoRho.
La sua idea di gioiello si basa sul concept per eccellenza, che è forse anche quello più difficile da rappresentare senza scadere nella banalità del già visto o nell’inquietudine del troppo ricercato: il simbolo. E’ dalla materia che nasce il lavoro del designer, e il designer è, o deve sentirsi, un po’ alchimista. La fa semplice Chiara Scarpitti, con la sua presentazione. Alla fine però siamo noi, spettatori, a dover entrare in relazione con la materia da lei deformata. Sta a noi dire se la relazione dialettica tra poesia e arte visuale funziona davvero.
Anche se vi dico subito che la risposta è sì, per favore leggete l’articolo fino alla fine. Vale infatti la pena condividere con voi la bellezza delle forme che la Scarpitti conferisce a quella stessa materia di cui non solo parla con familiarità, ma che elabora con una freschezza sorprendente. Raffinati e caratteristici i collier-colletti, marchio di fabbrica del brand, ma anche gli anelli e tutto il lavoro fatto con argento, oro e organza. Perché i gioielli stessi diventino delle vere e proprie installazioni artistiche che ognuno di noi possa non solo portare a casa, ma indossare per conferire concretezza a quello che nel sito di Chiara Scarpitti è così definito: “La progettualità non è un fatto astratto, ma è qualcosa di organico e vivente che nasce dentro e in contatto con il corpo e con la “carne” dei materiali. Materia e progetto nascono insieme”.