Micael Milano, atto secondo: a passo di geisha verso l’inverno | FW2011/12

“Una sera, dopo pranzo, sul ponte, eravamo tutti riuniti intorno a Clara, deliziosamente abbandonata su un rocking chair.
Gli uni fumavano sigarette, gli altri sognavano.
Tutti avevano in cuore lo stesso desiderio di Clara; e tutti col medesimo pensiero di possesso ardente, seguivano l’andirivieni dei due piedini calzati da piccole pantofole rosa, uscenti dal calice profumato delle gonne, come pistilli di fiori, del dondolare della poltrona.
Non dicevamo nulla, la notte era dolce e incantevole: il piroscafo scivolava voluttuosamente sul mare, come su seta.
Clara si volse all’esploratore – Allora – disse con voce maliziosa – Non è uno scherzo? Voi avete mangiato carne umana?…”
(Le Jardin des supplices, Octave Mirbeau).

Per la Clara del romanzo, (che se esistesse davvero, non solo ci sarebbe da starle alla larga, ma sarebbe anche la perfetta testimonial inconscia di queste scarpe), la parola stiletto rappresenterebbe una lama lucente che nella notte “malarica”  indocinese lampeggia sul cuore consenziente di un amante occasionale senza nome e senza sentimento.
Io mi accontento invece che la sua punta disegni i contorni di un tronchetto in suede bluette elettrizzante con cui bucare la nebbia a Milano con la “catarifrangenza” più adatta a questa fine d’autunno umido e pesante.

Ma per il Micael alla sua seconda uscita, lo stiletto è una metafora importante, perché, oltre che banalmente tacco, è anche il piedistallo su cui poggiare delle conferme.
Ad esempio del fatto che la sua prima collezione è stata apprezzata, che potrebbe anche scommettere qualcosa sul suo desiderio creativo che gli suggerisce ancora come affrontare il mercato col suo punto di vista e per finire, ma non per ordine di importanza, che può contare su una ciurma di amici che lo apprezzano e lo incoraggiano!

Lo potete incoraggiare pure voi qui o diventare fan sulla sua pagina facebook.

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